Follie Regali: quando la Regina Maria Antonietta scommise contro il nobile cognato

di Mattia Scavuzzo


Se la Corte di Versailles e tutta la Francia si era abituata nel corso del tempo ai repentini cambiamenti di mode e tendenze architettoniche seguite scrupolosamente (e talvolta promulgate) dagli stessi Sovrani, verso la fine del XVIII Secolo accadde a Parigi un fatto sconvolgente, che venne considerato una vera e propria “follia architettonica” Regale.


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La “follia” del 1777 riguardava la Famiglia Reale e, nello specifico, il fratello minore del Re Luigi XVI, il Conte di Artois.

Il termine “folie” era il nome con il quale nel XVIII Secolo venivano chiamate le case di villeggiatura (di preferenza edificate in campagna) che le classi più abbienti usavano sia per soggiorni di piacere, sia come nidi d’amore.

In origine il loro stile si rifaceva a quello delle dimore estive della nobiltà italiana, da cui deriva il termine “follia” (“follia amorosa”, “follia di piacere”).

La “folie d’Artois” non fu concepita per casualità e volontà propria nella mente del Conte di edificare un nido amoroso, ma nacque in seguito ad un capriccio, una sfida tra la Sovrana Maria Antonietta ed il Conte.


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In quel periodo, Maria Antonietta e la Famiglia Reale soggiornavano nel Castello di Fontainebleau, e lì sarebbero rimasti novanta giorni.

Quello dei novanta giorni era l’arco di tempo in cui il Conte di Artois (accettando la sfida lanciata dalla cognata) avrebbe dovuto far ristrutturare il fatiscente Palazzo del Bagatelle ed i suoi giardini tutt’intorno.


Il Bagatelle (dal francese “piccola cosa di poca importanza”) era stato costruito nel 1712 dal Maresciallo Victor-Marie duca d’Estrées (Maresciallo di Francia e consigliere di Louis Alexandre, conte di Tolosa, figlio ultimogenito di Luigi XIV e M.me de Montespan). D’Estrées investì una grossa somma di denaro per ristrutturare il dominio, e ne fece dono alla moglie, Lucie Felicité de Noailles, figlia del Maresciallo Duca Anne Jules de Noailles e sorella maggiore di Marie-Sophie-Victorie de Noaille). La moglie del Maresciallo (la “Marescialla d’Estrées, come veniva chiamata all’epoca ) dal canto suo, ne fece un uso spregiudicato ma perfettamente in linea con il clima godereccio della Reggenza.

Citando i diari del Marchese d’Argenson: “ [...] Nel pomeriggio, si va al Bagatelle, dalla Marescialla d’Estrées, a passare il tempo in allegria, a far l’amore se gradite; tutto il tempo è ben scandito [...]”.


Il palazzo di Bagatelle, dopo la morte del Maresciallo d’Estrées nel 1737, ebbe diversi proprietari, fino a quando fu acquistato dal Conte di Artois nel 1775.


La sfida consisteva, quindi, nel rendere presentabile il palazzo in tempo per il ritorno della Famiglia Reale da Fontainebleau.


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I progetti del sito furono disegnati in una sola notte dall’architetto Bélanger, che si occupò degli interni e degli esterni del castello in stile Palladiano, mentre l’architetto Blaikie progettò la realizzazione in uno stile anglo-cinese, delle strutture architettoniche del parco, molto in voga in quel periodo.


Questa moda era arrivata in Europa dalle immagini delle pagode provenienti dalla Cina, ma rifletteva anche una reazione di fronte al rigorismo dei “jardins á la française”.

Sebbene il termine “Chinoiserie” venne coniato solo nel XIX Secolo, nel XVIII Secolo venne presa d’ispirazione l’estetica di una immaginaria Cina e dell’area orientale attorno, lanciando una vera e propria moda dettata dal gusto verso tutto ciò che riguardasse gli elementi architettonici e le finezze dal gusto esotico, tra le quali si ricordano le imitazioni francesi della porcellana cinese da parte di Sèvres e Limoges, oltre all’uso di materiali simili alla lacca, utilizzata esclusivamente in Cina.

L’estetica delle Cineserie nacque, invece, dalla corrente Orientalistica, dallo studio scientifico dell’Estremo Oriente dal punto di vista storico, filologico-linguistico, antropologico e filosofico-religioso.


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Del gusto dell’architetto Bélanger, invece, si ha una descrizione molto accurata redatta da Adolphe-Louis Leroy, storico del XIX Secolo.

Scrive Leroy:

«Bélanger mise all'interno marmi, vetri, bagni, getti d'acqua rinfrescanti, mobili chiari e allegri; poi, intorno, un giardino semi-inglese e semi-francese e nel parco tutto l'assortimento rococò sentimentale del XVIII secolo: tempio della filosofia, padiglione indù, eremitaggio, bellezze della natura truccate: grotte, cascate, rocce, laghi, ponti in legno, tutto un Rousseau di orpelli, una falsa natura, insomma, in contrasto con l’ampio fiume. Un paesaggio creato dal fiume tranquillo - all’epoca - che costeggiava ad ovest il parco, dal Mont-Valérien, dalle belle colline di Saint-Cloud, de Meudon. Ma si era nei pressi di Parigi, non lontano da Versailles, ancor più artificiale. E il fiume così lento, e il bosco così calmo, e le colline, e il parco e il Bagatelle potevano passare per una località campestre, per un'autentica Arcadia.»


Artois riuscì mirabilmente a vincere la scommessa, e ad invitare la cognata alla festa di inaugurazione prevista per il 26 novembre 1777 successivo.


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Dopo aver corso il rischio di venire distrutto durante la rivoluzione francese, il parco fu dotato di un giardino d'inverno, di un cancello d'onore e di scuderie nel 1835, di padiglioni per le guardie, del Trianon e di due terrazze nel 1870.

Divenuto di proprietà del mecenate inglese Sir Richard Wallace, la sua vedova Julie Castelnau vendette il tutto alla città di Parigi nel 1904.


Il 15 marzo 1907, il pioniere dell’aviazione francese Charles Voisin vi compì il primo volo meccanico su un aeroplano a motore a scoppio (un V8 “Antoinette”, dedicato alla Sovrana senza la quale la ristrutturazione del Bagatelle nel XVIII Secolo non avrebbe mai avuto luogo).


Dal 1907 il roseto del parco del Bagatelle accoglie il più antico concorso internazionale dedicato alle rose: nel parco vengono coltivate diecimila piante di rose rappresentanti mille e duecento diversi “cultivar”.


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Un luogo in cui ogni elemento architettonico che lo caratterizza è parte indissolubile di una storia e di una mentalità che contribuì nel XVIII Secolo a concepire le più grandi forme artistiche a noi pervenute.