Il Duomo di Gemona del Friuli

 di  Edmond Dantes

Il Duomo di Gemona del Friuli, in provincia di Udine, si innalza sul sito dove erano presenti chiese risalenti addirittura al decimo o forse anche al nono secolo dopo Cristo e rappresenta uno dei monumenti medievali più importanti dell’intera regione Friuli Venezia Giulia. 

Il portale principale appartiene ad una primitiva costruzione romanica ed è stato adattato da un tale Maestro Giovanni che documenta con un’epigrafe appositamente dedicata la fine dei lavori della facciata, fatto storico avvenuto nel 1290, e molto probabilmente l’ampliamento di una precedente chiesa dedicata a Santa Maria della Pieve. La facciata, risalente agli anni 1327 - 1332, è opera del Maestro Giovanni Griglio e di suo figlio. Sempre a tali anni risalgono diversi elementi del Duomo come la colossale statua di San Cristoforo, alta ben 7 metri e ricavata da ben 6 blocchi di pietra, la loggetta con 9 statue un tempo colorate e riportanti scene dell’Epifania, mentre la lunetta sopra il portale raffigurante Cristo in trono tra Maria Santissima e San Giovanni è con ogni probabilità antecedente al 1280 ed appartenente addirittura alla chiesa precedente. 

Nativit_facciata_Gemona_del_Friuli_Duomojpg

Per ultimo, ma non per questo meno importante, ricordiamo il grande e meraviglioso rosone centrale che è stato realizzato da tale Maestro Buzeta negli anni 1334 - 1336. 

Il Duomo venne solennemente consacrato il giorno di Pentecoste dell’anno 1337 mentre il grande campanile venne costruito in epoca leggermente posteriore, vale a dire tra il 1341 ed il 1369. Purtroppo alcuni lavori di adeguamento si resero necessari dopo il disastroso terremoto del 1348, e lo stesso dicasi negli anni 1428 - 1429 quando venne ampliato il presbiterio, edificate sia l’abside poligonale che la cupola. Di lì a pochi anni, sempre in quel secolo, venne ammodernato il colonnato per poi giungere agli anni 1825 - 1827 quando venne rifatta la facciata apponendovi quattro ottime paraste. 

Arriviamo poi ai giorni nostri con i lavori di ricostruzione dopo il disastroso terremoto del 1976. 

il-terremoto-in-friuli-40-anni-fai-bergamaschi-raccolsero-700-milioni_e5aa60a8-1302-11e6-aa63-2e8d0f034def_900_512_v3_xl_16_9jpg

Questo elenco assolutamente sintetico riguarda la costruzione e le ricostruzioni, i terremoti, le traversie varie della storia e degli uomini, certamente, ma cosa accade quando mettiamo piede nel Duomo di Gemona del Friuli adesso, a Dicembre 2022? Qualcosa di incredibile. Ancora prima di entrare il sagrato sembra uscire dai Promessi Sposi di manzoniana memoria per quanto è vasto, ed è inevitabile pensare a qualche sventurato che nel corso dei secoli potrebbe essere capitato al centro del mirino di Sua Eccellenza Conte Bernardino Visconti, meglio conosciuto come Conte del Sagrato, ancor meglio conosciuto come Innominato. 

Il sagrato è molto ampio ma è circondato dal Duomo stesso, da una montagna e da un muro a strapiombo; soltanto un miracolo può salvare il malcapitato dalla mira infallibile del Conte sopra citato. Ma entriamo. Due splendide acquasantiere ci danno il benvenuto, e la vista è tale da mozzare il fiato. Due incredibili file di colonne stabilizzate sorreggono un soffitto che sembra non voler arrivare mai. Sono tanto storte quanto stabili, sembra un miracolo ed è così. Siamo in Chiesa, è bello che avvengano i miracoli, e nulla è impossibile a Dio. Ci giriamo intorno e non sappiamo dove mettere gli occhi. Il pavimento, metafora continua, è quasi sempre a scacchi di colore chiaro e scuro: ognuno di noi ha dei motivi per credere oppure per non credere, ognuno di noi ha dei motivi per scegliere il buio oppure la luce, siamo sempre liberi di farlo. Andiamo avanti. Sulla destra vediamo subito un Crocifisso deturpato, senza le braccia che sono state inghiottite dal terremoto del 1976, a perenne memoria di quanto avvenuto in tale funesto anno ed in epoche ancora precedenti. Il Crocifisso non è mai solo, come minimo gli tiene compagnia una targa che ricorda come nel 1992 Papa Giovanni Paolo Secondo è venuto a Gemona ed è entrato in Duomo. 

gemona_duomo_cristo-terr-con-papa_fabio-valeriojpg

Nel frattempo siamo entrati ed il tempo inizia a fermarsi, non soltanto perché abbiamo silenziato il telefonino. A cosa stiamo pensando? A quando eravamo bambini? Può darsi, anche perché ci viene incontro un bambino eternamente giovane che sta cavalcando un delfino e non è uno scherzo; è piuttosto un fonte battesimale ricavato da un’opera d’arte di epoca romana, e tu te lo ritrovi in questo Duomo fuori dal tempo e dalla storia. 

gemona_duomo_fonte-battesimale_di-Fabio-Valeriojpg

Ti appoggi ad un muro? E’ strano, è di pietra eppure in certi punti lo senti estremamente liscio, come avranno fatto? Perché? Non è opera di una levigatrice ma piuttosto di diversi milioni di persone che nel corso dei secoli hanno effettuato il lavoro. Allora ti ricordi che lo hanno fatto gratis e ti viene in mente che Gesù Cristo stesso ha detto che certe cose vanno fatte gratuitamente; è tutto chiaro. Ti giri, vedi un rosone fantasmagorico? 

Gemona-il-rosone-del-Duomo-foto-W-Sambojpg

Tranquillo, è soltanto uno dei più meravigliosi rosoni d’Italia e sicuramente del mondo eppure lo abbiamo qui, a Gemona del Friuli. Caso mai ripassa di pomeriggio d’estate, vedrai che giochi di luce entreranno dopo le 16. Luce del sole, luce di Cristo che guarda caso va a finire dritta dritta sull’altare principale. Cerchi di arrivarci, percorri la navata principale e cerchi di concentrarti appunto sull’altare maggiore ma ancora una volta ti ritrovi in difficoltà. Credevi, ti illudevi di essere solo, in fondo stai risalendo la navata centrale e sei circondato da banchi vuoti ma le cose ancora una volta le cose non sono come sembrano. 

gemona_duomo_vista-interna-lateralejpg

Guarda meglio, stai attento, i banchi riportano nomi o soltanto le iniziali di antichi benefattori, spesso incontri anche diversi stemmi nobiliari, addirittura vedi qualche aquila imperiale ma poi ti accorgi che in Chiesa tutti i banchi hanno la stessa altezza ed ancora una volta tutto diventa chiaro. Sono antichi, sono molto antichi eppure sono tenuti benissimo; non è strano, è giusto così. Il friulano impara subito che non si butta via niente. La terra dove vive è aspra, è forte, è dura, è per palati forti e quindi è indispensabile usare tutto e non buttare via un bel niente perché tutto può servire ed il momento del bisogno può arrivare quando meno te lo aspetti, esattamente come Dio. Qui non abita e non può abitare chi dice “Non mi piace”, “Non lo voglio”, “Non mi va” e simili. Tutti siamo utili, nessuno indispensabile, guai ai superbi, e allora capisci perché i friulani quando si salutano dicono “Mandi”: vuol dire “Nelle mani di Dio”. Stai in Duomo, alzi gli occhi e vedi una cupola meravigliosa, così bella da mettersi a piangere. Ma è stato fatto tutto nel Medioevo o subito dopo, come avranno fatto? Hanno ricostruito dopo il terremoto, è vero, ma lo hanno fatto more friulano, vale a dire “Com’era e dov’era”. 

fotografie-storiche-deljpg

Il friulano è in gamba, non molla mai, porta avanti quello che i Romani chiamavano “Festina lente”, affrettati lentamente, non mollare mai. Hai solo fatto quattro passi in questo Duomo meraviglioso eppure inizi a capire tutto, progressivamente è tutto chiaro. Ad un certo punto ti imbatti in una meravigliosa campana, antica eppur tirata a lucido, intatta eppur ferita alla sommità; come può stare lì quella meraviglia? E’ una campana poderosa, alta oltre un metro, pesantissima, dovrebbe stare sulla sommità di un campanile eppue tu la vedì lì, perchè? E’ su un basamento poderoso, ai piedi di una colonna sulla quale si trova una targa commemorativa con poche parole e due anni fatidici: 1423 e 1918. Lentamente le guide del duomo iniziano a raccontarti la storia di quella meraviglia, tu stenti a crederci eppure ci devi credere perchè è tutto vero. Lentamente inizi a capire perchè passato e presente sono connessi tra di loro, inizi a capire perchè la chiamano la “Campana di Dante”, capisci perchè la storia di tale Campana merita un racconto a parte e inizi a capire sempre di più e sempre meglio il motto del Conte di Montecristo: "Aspettare e sperare".