La Regina di Cambogia e i Khmer Rossi

Di Giorgio Moscatelli

Ho conosciuto Norodom Monineath, la Regina della Cambogia, nel 1991, durante un viaggio nel Paese del Sud Est Asiatico per documentare la fine, ormai prossima, del regime dei Khmer Rossi; un esercito di rivoluzione comunista, guidato dal sanguinario Pol Pot, che ha provocato uno dei più grandi massacri della storia: secondo alcune fonti, durante il periodo della Repubblica Democratica i rivoluzionari comunisti hanno ucciso da 2 a 3 milioni di cambogiani. All’epoca del nostro viaggio, nel territorio i combattimenti non erano ancora terminati, l’Esercito di Liberazione del Vietnam aveva sconfitto i sanguinari comunisti relegandoli in una piccola zona a Ovest, al confine con la Tailandia. L’intervento dell’Onu ha poi accelerato la via verso un processo di pace.

In questo clima la Regina della Cambogia, appena rientrata dal suo esilio forzato nella Corea del Nord, ci ha accolto nella sua nuova casa in un quartiere residenziale di Phonm Penh dove alloggiava con il Re Norodom Sihanouk suo Consorte.

La Monarca ci è venuta incontro indossando un Sampot, un abito tradizionale cambogiano composto di un grande rettangolo di tessuto che le fasciava il corpo snello fino alle caviglie, ai piedi portava dei sandali anch’essi tipici del suo Paese. Il suo viso aveva leggeri lineamenti asiatici ereditati dalla madre cambogiana, ammorbiditi da tratti europei dovuti alla sua discendenza italo-francese venutale dal padre. I suoi modi erano gentili e cortesi. Sorseggiando un tè e parlando in francese per metterci a nostro agio, ci ha confidato che a breve sarebbe rientrata a Palazzo Reale. A me è sembrato di vedere nei suoi occhi un guizzo di felicità nel comunicare la fine di un periodo buio durato tanti anni.

La Regina Monique, come veniva affettuosamente chiamata dai suoi sudditi, era passata per colpi di stato, rivoluzioni comuniste e guerre civili. Era stata costretta all’esilio in Cina prima e in Corea del Nord dopo. Ha subito percorsi di rieducazione politica e ha rischiato di essere giustiziata.


v85VXu9jpg

Norodom Monineath, la Regina della Cambogia

Si è dimostrata molto sensibile ai resoconti sulla nostra inchiesta nel Paese, delle migliaia di scheletri posti ordinatamente in vista sulle strade a monito di quel recente passato; della scuola sequestrata dai Khmer Rossi a Phonom Penh adibita a casa delle torture; della capitale dello Stato mal ridotta, con le strade piene di fango e intransitabili e senza luce la sera. La regnante si è particolarmente interessata ai racconti sullo sfruttamento delle giovanissime cambogiane costrette a prostituirsi in cambio di denaro in case per appuntamento.

La nostra conversazione si è focalizzata infine sul Tempio di Angkor Wat. Un antico luogo archeologico che ho avuto modo di visitare in completa solitudine, perché deserto a causa della guerriglia tra le truppe regolari e la milizia di Pol Pot nella zona. Angkor Wat è un vasto tempio costruito nella prima meta del XII secolo dedicato al Dio Vishnu. All’interno del luogo sacro si trovano numerosi bassorilievi che raffigurano le Apsaras, danzatrici impegnate in rituali sacri. Una forma d’arte cambogiana molto amata dal popolo e dalla Regina Monique, in quanto icona della tradizione storico culturale della Cambogia. Una danza altamente stilizzata che viene eseguita per invocare antiche divinità e per rendere omaggio agli ospiti di corte.

Ho salutato la Regina consapevole di aver conosciuto una persona speciale. Di Sua Maestà, oggi Regina Madre della Cambogia, conservo un ricordo molto piacevole e la immagino nelle stanze del Palazzo Reale intenta nei suoi doveri di Regnante e madre del Re.