La vita torinese del Principe di Piemonte

di Michele D'Ambrosio

L’arrivo del Principe ereditario a Torino coincise anche con i giorni della sua laurea in legge presso l’università di Padova ed il suo accesso, di diritto, all’assemblea vitalizia del Senato[1]. Come riporta Lami, fu proprio nei festeggiamenti goliardici in occasione della laurea che Umberto iniziò ad assaporare “le gioie dell’indipendenza” dal precettore e dal padre e a convincersi che avrebbe vissuto come scapolo e ricco, oltre che da Ufficiale dell’Esercito[2].

Come Ufficiale, Umberto, similmente al padre, si dimostrò estremamente pignolo e preciso, seppur umano nei modi. L’ufficiale Umberto di Savoia pretendeva dalle sue truppe lo stesso rispetto, quasi ossessivo, del protocollo a cui era lui stesso sottoposto. Ai suoi sottoposti, il figlio di Vittorio Emanuele III ripeteva sempre che lui era “Principe al di fuori del servizio militare, ma, coi soldati, soldato”[3]. Diverse sono le testimonianze circa il suo atteggiamento con i sottoposti. Durante il suo servizio presso la caserma romana, Umberto fu costretto, a più riprese, ad intervenire nelle vicende della truppa. Un episodio in cui trapela in maniera evidente il connubio tra signorilità e fermezza di servizio lo si ebbe quando, durante un’esercitazione, ad un graduato gli si inceppò la mitragliatrice provocandone una sonora bestemmia. L’allora Sottotenente sabaudo non si scompose che a fine esercitazione, dove, affrontando direttamente il blasfemo, sentenziò con assoluta severità: “Impara che non si bestemmia mai!”, il colpevole, con imbarazzo assoluto, incassò il rimprovero[4]. Un altro evento singolare lo si ebbe, sempre a Roma, quando ispezionò i sotterranei del suo reggimento. In questa occasione, trovando un disordine ed una sporcizia assoluti, Umberto, riemerso dallo scantinato, chiamò immediatamente a rapporto il responsabile di quella situazione e, senza ripulirsi dalle ragnatele e dalla polvere che coprivano la sua divisa, si mostrò in quelle condizioni al suo sottoposto pronunciando, con assoluta fermezza, le seguenti parole: “come vede, ho visitato il suo campo di battaglia!”[5]. Nemmeno a Torino, durante il suo servizio presso il 91° Fanteria, mancarono rimproveri e ravvedimenti destinati ai suoi sottoposti. Celebre quanto accadde presso la mensa Ufficiali di Torino dove un giovane Ufficiale ebbe l’ardire, in sua presenza, di rifiutare una tazza di caffè con le seguenti parole: “E’ una porcheria!”; a quelle parole il Principe replicò lapidario: “Senta, io l’ho bevuto e l’ho trovato buono. Devo ricordarle che c’è un Tenente Colonnello che fa di tutto per accontentarci?”[6]. Non era inusuale, per il figlio del Re, recarsi in caserma anche di notte per ispezionare, in prima persona, la condizione delle camerate e delle zone più nascoste e meno frequentate della caserma. Tutto questo Umberto lo faceva, tra l’altro, per risultare all’altezza del suo ruolo di comando e del rispetto che gli veniva riservato. La volontà di soddisfare le aspettative altrui, segnerà ogni decisione della vita del Principe Umberto, anche la rapida scalata gerarchica, per Umberto, doveva essere rispettata con il soddisfacimento delle aspettative di chi gli aveva concesso i vari gradi[7].

Fuori dal servizio, Umberto, molto spesso si concedeva anche uscite in Val d’Aosta e nel resto del Piemonte, rivelandosi un grande appassionato di sport, di caccia ed, in particolare, dello sci. La sua passione per lo sci lo porterà proprio a frequentare località piemontesi oggi diventate famose e gettonate per lo sci come Bardonecchia, Sestrière e Sauze d’Oulx, allora quasi sconosciute[8].

Umberto, negli anni torinesi, divenne famoso, grazie alla stampa, con il soprannome di Prince charmant. I rotocalchi riempivano pagine di giornale nel narrare delle vicende principesche di Torino, alimentando anche numerosi pettegolezzi sulle più improbabili storie d’amore, il più delle volte totalmente inventate. Famosa è quella che giustificherebbe la visita di Stato di Umberto in Argentina del 1924 col fatto che lo stesso avrebbe perduto la testa per la figlia del Console argentino, giunta al Quirinale qualche tempo prima. A mettere fine a questa relazione proibita, sempre secondo la stampa, sarebbero stati il Re e Mussolini richiamando in Italia il giovane Umberto. Maria José, messa al corrente della vicenda, avrebbe dato vita ad un’ulteriore storia proibita nel suo Belgio con un aristocratico locale. Il tutto si sarebbe risolto con Umberto che, per farsi perdonare, avrebbe regalato una coppia di maltesi alla futura consorte[9]. Pur essendo storie mosse da pura fantasia, Umberto non si curò di mettere a tacere i responsabili di queste notizie, ma anzi ne incentivava la produzione prestandosi al gioco. Come fosse attore protagonista del proprio film, Umberto aveva un fotografo autorizzato, anche se l’autorizzazione era segreta, a frequentare il Palazzo, oltre che a seguirlo nelle sue avventure mondane per immortalare i momenti più significativi. In ogni foto scattata dal fotografo Silvio Ottolenghi, il Principe ereditario compariva sempre accompagnato da qualche ragazza[10]. La fama ed il successo riscosso dal contemporaneo Rodolfo Valentino era perfettamente sovrapponibile alla popolarità del Principe Umberto tra le ammiratrici degli anni Venti, le quali vedevano in lui un irraggiungibile idolo amoroso[11].

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Lo stile di vita torinese tenuto da Umberto non era ben visto dal Sovrano, impegnato a Roma nelle vicende politiche di quegli anni. La Famiglia Reale belga, invece, tollerava senza condividere. Maria José, nel 1925, fece visita alla Famiglia Reale italiana due volte, una in occasione del giubileo tenuto da Vittorio Emanuele III per i venticinque anni di Regno, la seconda, il 23 settembre, in occasione delle nozze di Mafalda di Savoia con Filippo d’Assia celebrate a Napoli. Fu questa seconda occasione che vide per la prima volta i futuri Sovrani di maggio comparire in pubblico insieme[12]. In entrambe le circostanze, Umberto e la futura consorte tennero incontri puramente formali e di circostanza, senza lasciarsi coinvolgere l’una dall’altro[13]. Umberto, soprattutto, visse quegli incontri come l’ennesima circostanza dettata dal protocollo di Corte alla quale doveva attenersi. In entrambe le visite, Maria José approfittò dell’occasione per tornare a far visita al collegio toscano che la vide studentessa negli anni precedenti. Umberto non comparve mai come accompagnatore; a tenere compagnia alla futura Principessa di Piemonte ci saranno il fratello Leopoldo e le future cognate Giovanna e Mafalda[14]. Umberto risultava in servizio a Torino. Tutto fa pensare che Umberto, in opposizione al volere del padre, stesse cercando di posticipare il più possibile le nozze con la fidanzata.

Il 4 gennaio 1926, a Bordighera, si spense, all’età di settantaquattro anni, la Regina Margherita, prima Regina d’Italia. Come conseguenza del mesto evento, e come previsto dal protocollo di Corte, Vittorio Emanuele III dispose sei mesi di lutto nei quali non era consentito nemmeno il matrimonio del Principe ereditario. Questo impedimento non suscitò dispiacere nell’Erede al Trono, le nozze si prospettavano rimandate di almeno altri sei mesi. Tutto il dolore e la sofferenza, in quell’occasione, Umberto lo riservò alla dipartita dell’amata nonna. L’Italia intera pianse la perdita della Regina madre, lo stesso Mussolini si adoperò per far sì che i funerali avvenissero con tutte le onorificenze del caso. La stima e la venerazione che Mussolini nutriva per la Regina Margherita erano enormi, fu lei a salutare con entusiasmo, prima di tutti, l’avvento del Regime in Italia e, prima ancora, a favorirne l’ascesa in maniera indiretta. Mussolini la celebrerà come “Regina fascistissima”[15]. Verrà organizzato il trasporto della salma da Bordighera a Roma in piena liturgia militare. La salma della Regina Margherita sarà tumulata al Pantheon, dove ventisei anni prima venne posta quella del marito, il Re martire[16].

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Funerale  della Regina Margherita

Tornato a Torino, il Tenente Umberto di Savoia venne promosso Capitano e messo al comando del 92° Reggimento Fanteria, sempre di stanza in città[17]. Tra il 1926 e il 1929, l’Erede al Trono d’Italia continuerà la scalata gerarchica passando nel 1927 al grado di Maggiore nel 90° Reggimento Fanteria, nel 1928 a Tenente Colonnello e nel marzo del 1929 a Colonnello del 92° Reggimento Fanteria[18]. Dall’anno successivo, il 92° ed il 91° Reggimento Fanteria verranno accorpati nella I Brigata di Fanteria[19].

Mentre la carriera militare di Umberto proseguiva indiscussa, i giornali ed i rotocalchi del Regno si riempivano di notizie circa la conoscenza, molto discussa e chiacchierata, che il Principe fece con la soubrette Carla Mignone, in arte Milly. 

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Milly

Umberto, sebbene non avesse mai avuto una relazione amorosa con Milly, fu estremamente legato a lei da un profondo sentimento di vera amicizia[20] che perdurò negli anni. I due si conobbero personalmente nel 1927 nei pressi della stazione di Torino Porta Nuova, più precisamente in via Sacchi[21]; questo incontro avvenne solo dopo che il “Principe bello” si era interessato a lei avendone sentito parlare. Umberto, infatti, mandò un suo delegato a chiedere, nel settembre 1927, una foto alla soubrette con tanto di dedica. La circostanza in cui venne avanzata la richiesta fu quella di uno spettacolo, dato all’aperto, presso il Parco Michelotti di Torino[22]. Una volta ricevuta la foto, il Principe chiese di poterla incontrare. Il legame tra i due era coltivato da Umberto anche, come era solito fare, dai frequenti doni con cui omaggiava la sua amica. Celebre fu il regalo fatto recapitare a Milly presso il teatro Chiarella di Torino in occasione della sua serata d’onore nel settembre 1927. Il regalo consisteva in una grossa scatola contenente un grande cuore di garofani rossi nel cui centro si trovava un ritratto di Umberto con una dedica[23]. Questa amicizia durerà sino al dicembre del 1929, quando Milly sarà costretta a lasciare l’Italia per motivi lavorativi trasferendosi oltreoceano, tuttavia il sentimento amicale li continuerà ad unire per gli anni a venire; i due, secondo quanto riportato dalla stessa soubrette, si congedarono nella stazione di Torino con le seguenti parole di Umberto: “si ricordi che le persone che mi sono care ora, lo resteranno per sempre. La mia amicizia per lei non finirà mai, Milly”[24].

Era il 5 novembre 1927 quando, per la seconda volta, Umberto comparve in pubblico in compagnia della futura Regina di maggio. L’occasione fu quella delle nozze del Duca Amedeo d’Aosta con la consorte Anna d’Orléans. Le nozze ebbero luogo nella città di Napoli, il futuro Re indossava l’alta uniforme con spalline d’argento, decorazioni e il Collare della Santissima Annunziata, nella mano sinistra reggeva il berretto gallonato e la sciabola, con il braccio destro accompagnava la Principessa belga, sua futura sposa.[25] 

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Dal canto suo, Maria José era vestita in abito chiaro sino al ginocchio ed indossava sul capo un velo bianco, quest’ultimo previsto dal rigido cerimoniale di Corte[26]. La coppia dei futuri sovrani fu salutata con gioia dalle folle acclamanti, la scena era occupata quasi più da loro che dagli sposi[27]. Al contrario di Maria José, sempre più innamorata e coinvolta dalla figura del Principe ereditario di Casa Savoia, Umberto, anche in questa occasione, si dimostrò gentile ed impeccabile nel protocollo, ma sempre staccato e distante dai sentimenti che lei già provava da tempo per lui[28]. Terminata la cerimonia, nei giorni successivi, Maria José si recherà con Umberto e le future cognate in Piemonte, visitando con il Principe i monumenti della Dinastia, ma anche durante quei giorni Umberto non andò oltre i soliti convenevoli. Terminato il viaggio in Italia, Maria José tornò in Belgio preoccupata dalla freddezza e dal distacco del futuro consorte, mentre il figlio del Re d’Italia riprese la sua vita da convinto scapolo nella sua Torino[29] dove ad aspettarlo c’era l’amica Milly.

 


[1] Lucio Lami, op. cit., p.67.

[2] Ibidem

[3] Luciano Regolo, op. cit., p. 129.

[4] Luciano Regolo, op. cit., p. 128.

[5] Luciano Regolo, op. cit., p. 129.

[6] Ibidem.

[7] Luciano Regolo, op. cit., p. 180.

[8] Lucio Lami, op. cit. p. 69.

[9] Ibidem

[10] Luciano Regolo, op. cit. p. 167.

[11]Lucio Lami, op. cit. p. 70.

[12] Lucio Lami, op. cit. p. 71.

[13] Nonostante Maria Josè fosse completamente coinvolta ed innamorata del suo futuro sposo.

[14] Ibidem.

[15] Lucio Lami, op. cit. p. 71.

[16] Luciano Regolo, op. cit., p.175.

[17] Lucio Lami, op. cit. p. 71.

[18] Luciano Regolo, op. cit., p.180.

[19] Ivi, p. 623.

[20] Luciano Regolo, op. cit., p.193.

[21] Ivi, p. 192.

[22] Ibidem.

[23] Ibidem.

[24] Ivi, p. 248.

[25] Lucio Lami, op. cit., p 77.

[26] Luciano Regolo, op. cit., p.195.

[27] Ibidem.

[28] Ibidem.

[29] Ibidem.