Quando le “Marescialle” profumavano il tabacco

A testimonianza del fatto che nel XVIII Secolo tutto ciò che aveva la capacità di trattenere un’essenza era considerato un vero e proprio “profumo”, analizzare le usanze in voga all’epoca porta indebitamente alla scoperta di singolari vezzi che furono anch’essi accolti dal vasto e fugace mondo delle essenze.

Quello del tabacco (vero vizio d’epoca) non impiegò molto a passare tra le sapienti mani di esperti profumieri, che cercarono di renderne l’aroma sempre più sofisticato e gradevole, mantenendone intatte le proprietà medicamentose che gli esperti studiosi avevano tanto decantato.

L’uso del tabacco e del tabacco da fiuto (prodotto conosciuto fin dal secondo viaggio nelle Americhe di Cristoforo Colombo) conobbe molto presto i malesseri della nobiltà, da quando Caterina dei Medici ne fece uso per curare l’emicrania del primogenito, come suggeritole dall’ambasciatore francese a Lisbona Nicot, rendendolo così molto popolare tra i nobili d’epoca.

Nonostante Papa Urbano VIII ammonì severamente gli assidui consumatori di tabacco (tra i quali rientrava anche il Re di Francia Luigi XIII), la consumazione del tabacco da fiuto divenne il più grande vizio del XVIII Secolo, tanto da divenire segno di distinzione sociale.

Offrire del tabacco da fiuto ai commensali ed agli interlocutori era sinonimo di buon costume, e la manifattura dei porta tabacco in cui esso veniva intelligentemente conservato andava di pari passo con la ricchezza del suo possessore.

In porcellana, legno o incastonate di metalli preziosi, quella delle tabacchiere era un’arte che sottolineava la maestria nelle minuterie di famosi produttori come Limoges e Meissen nel realizzare preziose creazioni, e sebbene le decorazioni fossero delle più vaste tipologie la struttura della tabacchiera era la stessa per tutte.

La tabacchiera del 18esimo secolo, di fatti, possedeva una chiusura ermetica, e un movimento rapido scuotendo la scatola prima dell’apertura consentiva al tabacco di ben distribuirsi all’interno.

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L’etichetta pretendeva che il tabacco fosse prima offerto agli interlocutori e ai commensali, e solo successivamente prelevato dal suo consumatore, che poteva versarne una piccola quantità sul dorso della mano o trattenerne un pizzico tra il pollice e l’indice, e fiutarla velocemente; andavano quindi ripulite le narici soffiandosi il naso.

L’estro del profumiere risultava dunque indispensabile nel comporre la miscela più gradevole di radici, erbe, muschi ed essenze, affinché il tabacco potesse essere reso fragrante in modo equilibrato.

Radice di Iris, cumino, chiodi di garofano ed essenze come il fiore d’arancio e rosa furono ampiamente impiegati nelle formule, che venivano messe a punto mantenendo intatto il potere curativo e medicamentoso del tabacco stesso.

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Sebbene fossero varie le formulazioni dei tabacchi profumati nel 18esimo Secolo, la formula che più di tutte veniva preparata e acquistata dai profumieri era il tabacco profumato “alla Marescialla”, la cui origine è alquanto singolare.

Alla fine del 17esimo Secolo la Contessa di Aumont (moglie del Maresciallo di Aumont) era solita profumare i propri guanti con una polvere a base di erbe aromatiche ed essenze floreali, miscelate assieme con una sapiente conoscenza delle tecniche erboristiche.

Il marito, apprezzando il profumo che costantemente avvertiva accostandosi alla moglie, le chiese di poterla dosare per profumare il suo tabacco, rendendolo intensamente aromatizzato.

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Il tabacco aromatizzato dalla moglie del Maresciallo di Aumont riscosse da subito grande successo tra i più influenti personaggi d’epoca, tanto da divenire un aroma alla moda e costantemente riprodotto dai profumieri.

Le note con le quali era profumato erano il macis, la radice di iris, il coriandolo, i chiodi di garofano, la cannella, la rosa, il fiore d’arancio, il cicero, il legno di cedro ed il muschio, che coprivano l’odore pungente del tabacco e lo rendevano inebriante e invogliante.

Il “bouquet à la Maréchale” rimase di gran moda fino alla fine dell’ ‘800, tanto che Tomasi di Lampedusa lo fece indossare alla sua protagonista Angelica al gran ballo dai Salina nel suo capolavoro letterario “Il Gattopardo” ( <<...dalla scollatura di Angelica saliva il profumo di bouquet à la Maréchale...>>).

Fin da sempre un vezzo d’epoca, quello del tabacco e del tabacco da fiuto rimane tutt’oggi un vizio di discutibile efficacia medicamentosa, ma che spazia nell’ampio mondo delle preparazioni erboristiche, talvolta con un fascino classico di signorilità.