Templi megalitici e misteriose tracce nella roccia di Malta e Gozo
Il meraviglioso paesaggio delle isole di Malta e Gozo è caratterizzato dalla presenza di magnifici complessi megalitici risalenti alla Preistoria e, inoltre, da misteriose coppie di solchi ad andamento parallelo scavati nella roccia calcarea, in grado di svilupparsi per centinaia di metri.
Le isole, sin da tempi molto antichi, sono state frequentate e colonizzate da innumerevoli comunità umane, le quali, in particolare dal Neolitico (le prime attestazioni archeologiche sull’isola e riferite a questo periodo si aggirano intorno al 5000 a.C.) fino a proseguire all’Età del Bronzo (a partire da circa il 2500 a.C.), iniziarono a fondare insediamenti stabili e a sviluppare una peculiare cultura religiosa che raggiunse l’apice con quello che gli studiosi chiamano “megalitismo”, ovvero il fenomeno di costruzione di enormi e complesse strutture in pietra di origine locale. Le materie prime principalmente utilizzate erano il calcare corallino e il calcare globigerinico. Osservando i grandi siti templari, come ad esempio Tarxien, Ħaġar Qim, Mnajdra, Ggantija,
Tarxien (Fonte David H. Trump, Malta. Prehistory and temples, pag.89)
Ħaġar Qim (Fonte http://thehistoryofeuropepodcast.blogspot.com/2012/08/agar-qim.html
Mnajdra (Fonte David H. Trump, Malta. Prehistory and temples, pag.90)
Ġgantija (Foto Carlo Giovanni Sangiorgi)
possiamo immaginare ed apprezzare il grado tecnico raggiunto dalle popolazioni autoctone nel costruire strutture di codeste dimensioni.
I templi sono perlopiù caratterizzati da una pianta lobata con interni strutturati in grandi ambienti absidati di dimensioni e numero variabili da sito a sito.
La struttura è spesso orientata secondo le fasi solari dei solstizi e degli equinozi, donando effetti di luce all’interno della struttura in particolari giorni dell’anno. Il perimetro risulta delimitato da grandi lastre megalitiche in calcare corallino, duro e resistente, il cui accesso interno è permesso da un portale d’ingresso. Per gli interni veniva utilizzato il calcare globigerinico, più tenero del precedente e quindi più adatto alla realizzazione di elementi decorativi intagliati sulle pareti, quali meravigliosi motivi a spirale, punti, ma anche affascinanti immagini animali e vegetali.
Particolari architettonici e artistici all’interno del tempio di Ħaġar Qim.
(Foto Carlo Giovanni Sangiorgi)
Bassorilievo ad immagini zoomorfe provenienti dal complesso templare di Tarxien (Fonte https://www.tumblr.com/search/malta%20national)
L’arte rupestre impressa sulla roccia non aveva solamente uno scopo decorativo, ma richiamava anche la sfera mistica ovvero il culto degli elementi naturali, della fertilità della terra, di cui la Dea Madre era la protettrice. Possiamo dunque ammirare e rimanere ammaliati dagli straordinari motivi presenti, ad esempio, nei grandi templi di Ħaġar Qim e Tarxien, dal ripetersi di punti e linee spiraliformi.
Piccolo altare finemente decorato presso il tempio di Ħaġar Qim
(Foto Carlo Giovanni Sangiorgi)
Bassorilievo con motivi spiraliformi proveniente dal sito di Tarxien (Fonte https://artsandculture.google.com/culturalinstitute/beta/exhibit/extraordinary-details-unveiling-the-history-of-malta/ywJSDd-IZD9iJw)
I
passaggi tra i vari ambienti erano assicurati da cavità rettangolari
scavate nelle lastre di pietra oppure da porte costituite da due
colonne megalitiche parallele che sostenevano sulla loro sommità una
trave orizzontale. Il complesso era con tutta probabilità coperto da
un tetto ligneo e materiale vegetale, di cui oggi, purtroppo, non si
è conservata alcuna traccia. All’interno di questi edifici di
culto venivano anche installate statue fittili rappresentanti
soggetti umani e sono state altresì rinvenute testimonianze
materiali della frequentazione del sito quali ceramiche graffite,
fini ornamenti in pietra dura e ossa animali. In diversi siti sono
state trovate statuette raffiguranti la Dea Madre, una divinità il
cui culto era molto diffuso tra le popolazioni paleolitiche e
neolitiche dell’Eurasia: esse avevano forme particolarmente
accentuate richiamanti la fertilità, come la “Dea seduta”
proveniente dagli scavi del cerchio di pietre di Xagħra, sull’isola
di Malta.
Statuetta in terracotta rappresentante la Dea Madre rinvenuta nel cerchio di pietre di Xagħra https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dea_GMMalta.htm)
La fase di costruzione dei templi megalitici si arrestò circa nel 2500 a.C, come ci dimostra il record archeologico, i cui dati mostrano una crisi sociale e culturale. A queste strutture subentrarono insediamenti fortificati da possenti mura, come ad esempio l’abitato di Borg in-Nadur e la comparsa dei dolmen, tipiche strutture rituali e funerarie dell’Età del Bronzo, presenti in diversi punti delle isole. Questi cambiamenti furono introdotti da popolazioni alloctone come dimostrano i diversi manufatti di vita quotidiana rinvenuti in numerosi siti, in piena discontinuità con la cultura precedente e la comparsa di tipici oggetti in bronzo come asce, monili e ceramiche dalle forme e motivi graffiti maggiormente elaborati e complessi.
Le testimonianze archeologiche maltesi non si fermano solamente alle strutture megalitiche e alla cultura materiale, ma vi sono altresì segni tangibili di come l’uomo ha plasmato il paesaggio naturale delle isole. La singolare presenza di misteriosi solchi paralleli scavati nella roccia calcarea delle isole maltesi sembrano mostrare rotte di collegamento tra aree, spesso associate a siti di insediamento.
I misteriosi solchi paralleli scavati nella roccia del paesaggio maltese (Fonte https://www.cartrutsmalta.com/images/turkey-cart-tracks-11.jpg)
Molti archeologi, analizzandone gli aspetti morfologici, l’andamento ed il contesto di rinvenimento, ipotizzano che potrebbero risalire alla tarda Età del Bronzo, tuttavia, i pareri di altri gruppi di ricerca sono molto discordanti circa la loro origine. La problematica principale, oltre che al fattore di erosione naturale, è l’interpretazione di tali tracce, in quanto al giorno d’oggi non esistono metodi geofisici idonei a ricavare una datazione assoluta e all’assai probabile riutilizzo di tali rotte in periodi successivi. Gli aspetti morfologici di queste carreggiate mostrerebbero l’utilizzo di mezzi di trasporto costituiti da pattini lignei incrociati a triangolo o da ruote sempre in legno, tuttavia non vi è la certezza se questi fossero trainati da animali o da persone. Alcuni elementi costituiti da tacche in prossimità dei solchi, mostrerebbero punti di appoggio idonei ad una trazione umana, ma al momento non vi può essere conferma con i pochi dati a disposizione. Sempre l’analisi morfologica, ma anche le distanze tra solchi paralleli, ha altresì mostrato una panoramica culturale diversificata, in quanto le forme cambiano da sito a sito passando da solchi a forma di “V” o “U” a sezioni rettangolari, quest’ultime maggiormente compatibili con un tipo di ruota rinforzata da placche di ferro, tipiche del periodo di occupazione punica e romana.
In ogni caso, alcuni contesti di rinvenimento in prossimità di siti fortificati dell’Età del Bronzo alimentano ulteriormente la problematica della corretta interpretazione di queste misteriose tracce.
Rimanendo in attesa di ulteriori sviluppi delle ricerche, non si può negare che il paesaggio archeologico di Malta e Gozo doni al visitatore un’affascinante ed avvincente esperienza culturale, testimonianza di popoli lontani che hanno plasmato il territorio e lasciato in eredità un inestimabile tesoro di conoscenza. Spetta solo a noi coglierne i frutti, non solo attraverso le visite, ma promuovendo iniziative di tutela e conservazione.
Bibliografia
David H. Trump, Malta. Prehistory and temples, 2004, Midsea Books LTD
Gordon E. Weston, The maltese cart-ruts. Unraveling an enigma, 2010, Progress Press