Vitale Cao di San Marco e i gioielli dei Savoia

di Eleonora Vicario

Un personaggio poco noto nella storia italiana del ‘900 è Vitale Cao di San Marco, di Cagliari, che appartenne ad una delle più importanti famiglie nobili sarde; suo fratello, Giovanni, fu Sottosegretario alla Marina mercantile. Vitale Cao di San Marco fu volontario nella Prima guerra mondiale meritando due Medaglie d'Argento come Sottotenente del 152° Reggimento Fanteria della Brigata Sassari.

Dopo la guerra si laureò in Giurisprudenza all’Università di Cagliari. Iscritto all’Associazione Nazionale Combattenti, aderì al Partito Sardo D’Azione e assunse la direzione del giornale di questo partito «Il solco». Aderì poi al “sardofascismo” spingendo alla fusione tra il Partito Sardo d'Azione e il Partito Nazionale Fascista.

Nel 1921 fu assunto dalla Camera di Commercio di Cagliari, in un primo momento come coadiutore del Direttore del Museo Commerciale e successivamente, nel 1927, ne divenne il Segretario generale, assumendone la condirezione dal 1930 a luglio 19391. In seguito alla prima riforma fascista, la Camera di Commercio cambiò nome in Consiglio provinciale dell’economia di Cagliari.

Contemporaneamente, dal 1926, collaborò con il quotidiano «L’Unione Sarda» il cui Direttore era Rafaele Contu che delegava Cao di San Marco quando il lavoro lo costringeva a Roma2.

Nella Seconda guerra mondiale Vitale Cao di San Marco partecipò alla campagna in Etiopia e nel 1937 andò a lavorare presso il Ministero dell’Industria a Roma e dal 1941 fu distaccato al Ministero della Real Casa.

(…) gli era pervenuto un invito che lo aveva estremamente preoccupato: il Re desiderava vederlo. Fino a quel giorno Cao di San Marco non era mai stato al Quirinale, né aveva mai parlato, neppure al fronte, con Vittorio Emanuele III. (…) Il colloquio con il Re fu breve. Vittorio Emanuele non soltanto ricordava la famiglia di Cao di San Marco, ma rammendava i particolari di una sua visita a Cagliari, quando i Cao di San Marco si erano stretti attorno a lui, assieme a molti altri nobili sardi accorsi a rendergli omaggio. Dopo questo preambolo, il Re aveva aggiunto: «L'ho chiamata perché desidero affidarle la direzione del Ministero della Real Casa. Il suo nome m’è stato proposto dal Duca Acquarone»3.
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Il 6 settembre del 1943 il Re chiamò Cao di San Marco e gli disse:

«Perdoni se l’ho disturbata. Ma la regina ed io desideriamo restituire i gioielli della Corona. Sono contenuti in quegli scrigni. Sia tanto cortese di controllare tutto e di rilasciarmi poi regolare ricevuta». Normalmente il tesoro della Corona veniva custodito nella cassaforte numero 3 del Ministero della Real Casa. Quando i Reali avevano bisogno di qualche gioiello (e questo poteva accadere allorché la Regina partecipava a qualche solenne cerimonia nella quale doveva apparire con il diadema sul capo e con al collo preziose collane) i gioielli venivano consegnati a Villa Savoia. La relativa ricevuta veniva firmata personalmente dal Re. Nulla di strano che gioielli venissero restituiti. Insolita, quella sera, la preoccupazione del Sovrano di consegnare tutto e subito, come se da un momento all'altro egli fosse costretto a lasciare Roma. Cao di San Marco fu forse l'unica persona estranea al Governo altri intuire la verità: l'armistizio doveva essere stato già firmato. Da un momento all'altro poteva essere annunciato al mondo4.

Con l’arrivo dei tedeschi, nel timore che finissero con il saccheggiare Roma, i gioielli furono murati in un cunicolo sotterraneo

“che collegava il ministero della Real Casa con la chiesa di Sant’Andrea del Quirinale. Con il ritorno del Re in Italia, i gioielli tornarono nella disponibilità di Umberto II (ultimo re di Italia) che, all’alba della nascita della Repubblica ovvero poco prima di partire in esilio, affidò il cofanetto all’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi. Nel verbale di consegna del 1946 del ministro Lucifero è scritto: «Si affidano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette gioie di dotazione della Corona del Regno»”5.

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La Regina Margherita

Alla fine della guerra Vitale Cao di San Marco riprese servizio al Ministero dell’Industria e nel 1956 fu nominato Ispettore generale degli Uffici provinciali industria e commercio6.

La proprietà dei gioielli depositati nella Banca d’Italia nel 1946 è ancora discussa. In ogni caso, questi preziosi dovrebbe essere esposti al pubblico perché parte della nostra storia e potrebbero essere fonte di interesse culturale e turistico.


1 https://artecamerawordpresscom.wordpress.com/ritratti-dei-presidenti/ritratto-di-vitale-cao-di-san-marco/

2   http://www.carlofigari.it/2800-2/

3 Giorgio Pillon, I Savoia nella bufera, ed. del Borghese, 1972 Milano

4 idem

5 https://www.laredazione.net/i-gioielli-dei-savoia-restano-in-banca-ditalia/

6 https://artecamerawordpresscom.wordpress.com/ritratti-dei-presidenti/ritratto-di-vitale-cao-di-san-marco/