August von Mackensen: l’uomo delle “cinque Germanie”

di Nicola Bosco

Nato senza il titolo nobiliare “von”, August Mackensen nacque il 6 dicembre del 1849 e morì l’8 novembre del 1945, all’età di 95 anni, vivendo sotto il Regno di Prussia ai tempi della Confederazione Tedesca del Nord, sotto l’Impero Tedesco, sotto la Germania Nazista e sotto l’occupazione tedesca degli Alleati una volta terminato il Secondo conflitto mondiale.

Sin da quando era giovane, la sua strada fu segnata da quello che sarebbe stato il suo mestiere per tutta la vita, il militare, che gli avrebbe garantito incredibili onori durante la sua lunghissima carriera. Il padre cercò in tutti i modi di indirizzarlo verso gli studi agrari, eppure c’era poco da fare: August Mackensen si arruolò come volontario nel Secondo reggimento degli Ussari, ovvero la cavalleria leggera che dal XV secolo seminava il panico sui campi di battaglia.

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August Mackensen seppe distinguersi notevolmente nel corso di quella che fu la guerra segnante il culmine del Risorgimento tedesco, ossia la guerra franco-prussiana del 1870-71 contro la Francia di Napoleone III, ricevendo la Croce di ferro di seconda classe. Conclusosi il conflitto, egli abbandonò il suo reggimento per due anni, per poi ritornarvici, avviando definitivamente la sua brillante carriera. Nel 1891 riuscì ad entrare nel personale dello Stato Maggiore di Berlino senza fare il consueto cursus honorum di tre anni all’Accademia di Guerra. Qui August Mackensen ricevette due importanti endorsement da parte del suo capo Helmut von Moltke il Giovane, il quale lo definì come una “persona amabile” e da parte del successore di von Moltke, Alfred von Schlieffen (il famoso generale che redasse il piano di invasione della Francia invadendo il Belgio, poi attuato allo scoppio della Prima guerra mondiale), che lo indicò come un militare capace di condurre abilmente milioni di persone in battaglia.

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Insomma, la carriera di Mackensen procedeva a gonfie vele, tanto che nel 1898 venne nominato dal Kaiser Guglielmo II suo consigliere personale, ruolo che era sempre spettato ai nobili, e non a persone comuni. A corte, era solito condividere molti momenti privati con la famiglia imperiale tedesca e con l’Imperatore in persona (ad esempio, i figli di Mackensen giocavano e facevano ginnastica insieme a quelli di Guglielmo II). L’anno successivo, gli venne conferito il prefisso nobiliare “von”, sicché il suo nome divenne August von Mackensen.

Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, dall’alto delle prestigiose posizioni sociali che aveva raggiunto, von Mackensen si dimostrò subito un abilissimo condottiero, impedendo ai russi di avanzare all’interno dei confini della Prussia orientale, riportando delle vittoriose battaglie intorno a Varsavia e Lodz. Ma i russi non l’avevano data per vinta, e strenuamente resistevano in Galizia, cercando di spingersi verso l’Ungheria. In questo travagliato contesto di guerra, von Mackensen seppe compattare il fronte austro-tedesco, convincendo il riluttante Stato Maggiore austro-ungarico a coalizzare alcune armate di entrambi gli imperi sotto la sua guida per organizzare una poderosa offensiva contro i russi, la quale si concluse con una grandiosa vittoria per gli imperi centrali, dove a discapito dei russi vennero conquistati ben 310 chilometri di terra, tanto che le armate dello zar Nicola II furono costrette ad abbandonare completamente il territorio polacco. A seguito di questa vittoria, Mackensen venne promosso Feldmaresciallo.

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Nell’ottobre del 1915, von Mackensen si mise alla testa di un nuovo gruppo di armate austriache, tedesche e bulgare allo scopo di annientare definitivamente la Serbia. Il Feldmaresciallo sapeva bene che i serbi erano un popolo duro da sconfiggere, motivo per cui riservava un grande rispetto per il piccolo Regno balcanico. Infine, le operazioni militari di von Mackensen riuscirono a sconfiggere la resistenza serba, ma non furono capaci di distruggere l’esercito serbo, il quale, fuggendo per l’Albania, venne convogliato sul fronte macedone per combattere contro il Regno di Bulgaria.

Nel 1916, la Romania decise di entrare in guerra al fianco dell’Intesa. Fu una scelta avventata, dovuta ad alcune vittorie parziali che la Russia aveva ottenuto contro gli imperi centrali. Von Mackensen non esitò nemmeno un secondo e, insieme ai bulgari, agli ottomani e agli austro-tedeschi, radunò un grande esercito nella Dobrugia (Bulgaria), pronto per marciare in Romania mentre altre truppe della Triplice Alleanza irrompevano in Valacchia. Bucarest venne conquistata con grande facilità, e il governo rumeno fu costretto a firmare un durissimo trattato di pace.

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Finita la guerra, dopo aver passato un anno di prigionia nelle mani dei suoi avversari, decise di tenersi lontano dalle attività politiche che stavano sconvolgendo l’indebolita Germania. La sua fede politica però rimase sempre fedele al nazionalismo e alla Monarchia, sicché dopo poco cominciò a mostrarsi in molte occasioni in alta uniforme da ussaro per dare sostegno a svariati gruppi monarchici e nazionalisti. Alle elezioni del 1932 sostenne come presidente della Repubblica di Weimar il Generale Paul von Hindenburg contro Adolf Hitler, anche se negli anni successivi avrebbe mantenuto un rapporto alquanto ambiguo con il Fuhrer ed il nazionalsocialismo. Von Mackensen era un fervente sostenitore, ad esempio, del mito della pugnalata alle spalle, secondo il quale la Germania non aveva perso la Grande guerra sul campo, bensì per colpa degli ebrei e dei comunisti che avevano fomentato le rivolte operaie poi sfociate nella Rivoluzione di novembre.

Hitler e Goebbels, dal canto loro, reputavano von Mackensen un personaggio inaffidabile e sleale nei confronti del III Reich, pronto a tradire il Fuhrer allo scopo di seguire la propria fede incrollabile nella Monarchia e nella famiglia imperiale degli Hohenzollern. Il Feldmaresciallo si era accoratamente opposto alla terribile Notte dei lunghi coltelli, ma anche alle stragi che i nazisti stavano commettendo in Polonia all’alba del Secondo conflitto mondiale. Questi fatti, naturalmente, mettevano in cattiva luce il vecchio von Mackensen agli occhi delle alte sfere del regime nazista, ma v’era poco che si potesse fare: la popolarità dell’ussaro eroe della Grande guerra era troppa.

L’ultima apparizione pubblica in alta uniforme di cui abbiamo notizia del Feldmaresciallo risale al giugno del 1941, anno in cui si svolsero i solenni funerali, nei Paesi Bassi, del Kaiser Guglielmo II.


Von Mackensen morì l’8 novembre del 1945, pochi mesi dopo la sconfitta della Germania nella Seconda guerra mondiale, assistendo alla completa rovina del suo paese e all’occupazione da parte degli Alleati. Egli poté, dunque, ammirare il culmine del processo risorgimentale della Germania, come poté assistere alla duplice rovina tedesca per via della sconfitta nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Un uomo di trincea che, nel bene e nel male, va annoverato senza dubbio fra i grandi generali della storia.