Clodomiro Bonfigli e la riforma dei manicomi

di Eleonora Vicario

Venire in contatto con un centinaio di lettere scritte da uno psichiatra, Clodomiro Bonfigli[1], a un suo collega, Serafino Biffi, è stato scoprire dalla viva voce dei protagonisti il mondo psichiatrico della seconda metà dell'800.


Sono lettere tra colleghi legati da stima ma anche da affetto dove vi si raccontano le lotte, le conquiste e i cambiamenti che nell'arco di venti anni sono avvenuti in ambito medico. Emerge anche il carattere dello scrivente e le sue speranze, prima tra tutte, il desiderio di cambiare il rapporto con i pazienti ricoverati nei manicomi delle città in cui ha operato: Reggio Emilia, dove ha iniziato la sua carriera (1871), Ferrara (1873) e infine Roma, a Santa Maria della Pietà, dove rimase fino al 1905.


Dopo la morte del Gambari, nel 1873 la direzione del Manicomio ferrarese viene assunta da Clodomiro Bonfigli, già vicedirettore del Manicomio di Reggio Emilia e che diverrà, di lì a poco, una figura di spicco della nuova scienza freniatrica italiana. Con Bonfigli il Manicomio, partendo da una condizione ancora poco felice, viene ampliato con nuove fabbriche, trasformato e riorganizzato secondo le più moderne concezioni del tempo. Egli riesce a trasformare il Manicomio di Ferrara in uno dei migliori istituti dell’epoca e costituisce intorno a sé una vera scuola freniatrica. (Tamburini, 1918).

A proposito di questo manicomio, nell’Archivio italiano per le malattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali del 1874, si legge:

 

Questo Manicomio,

benché edificato per la massima parte da poco tempo, e benché sia già costato all’amministrazione provinciale la somma non indifferente di oltre 900,000 lire, pure, secondo il giudizio degl’intelligenti, presentava ancora mancanze gravissime di fronte ai grandi progressi introdotti dalla scienza moderna nella parte tecnica di simili stabilimenti. Ora, da un rapporto del nuovo medico-direttore, dottor Clodomiro Bonfigli, approvato dalla Commissione amministrativa e da questa presentato al Consiglio provinciale insieme al bilancio, apprendiamo, che con lodevole intendimento vuoisi dar opera a riparare ai difetti maggiori e che a parecchie cose urgentissime si è già proveduto. Così abbiamo sentito con piacere, che già sono state poste in ordine le infermerie, tanto nel comparto degli uomini, che in quello delle donne, e che niente si è trascurato perché le medesime nulla lascino a desiderare sotto il rapporto igienico;

-che si sono proveduti i necessari apparecchi per le cure elettro-terapiche; che si sono riformati i letti che devono servire per i […] e per li agitati; che si sono aboliti li antichi mezzi coercitivi, ecc.

-I lavori nuovi, che nel suddetto rapporto vengono proposti dal Direttore, e che certamente a poco alla volta saranno eseguiti, sono stati dal medesimo distinti in urgenti, necessari ed utili. I primi hanno per scopo di migliorare le condizioni igieniche di certe parti dell’asilo, e di render possibile il più libero trattamento degli alienati secondo il sistema del no restraint; i secondi, senza pur perdere di vista l’igiene, sono destinati a dare allo Stabilimento un aspetto migliore e che ricordi meno che sia possibile il carcere; li ultimi poi sarebbero diretti a rendere, quasi direi, piacevole il soggiorno nello Stabilimento, a facilitare il servizio e la sorveglianza e nello stesso tempo anche a portare un utile economico all’amministrazione.

-La convenienza di fare eseguire i detti lavori è stata riconosciuta dal Consiglio provinciale, ed una somma è stata già stanziata nel bilancio perché possa ai medesimi darsi principio; anzi sappiamo, che fra il medico-direttore e l’ingegnere-capo della provincia sono stati già presi li opportuni accordi per allestire subito convenientemente le sale da bagni, e per migliorare i rapporti igienici di alcuni locali.

-Un bravo di cuore ai signori della Commissione, e si accertino, che quando il pubblico denaro viene speso saviamente e per utile dell’umanità sofferente, nessuno potrà muovere lamento...

In tutta la sua carriera, Bonfigli ha indirizzato il suo interesse principalmente alla trasformazione del rapporto medico-paziente; ha messo in atto già nel manicomio di Ferrara l’ergoterapia (che una certa psichiatria attualmente definisce sfruttamento del paziente) per stimolare nel paziente un rapporto di realtà e per creare degli interessi che potessero inserirlo in un contesto relazionale.

E’ stato insegnante della Montessori, la quale ha portato nel mondo le teorie che l'hanno resa famosa ma che nascevano dalla mente di Bonfigli. Presidente della Deputazione di Storia patria dell’Emilia e delle Marche, fu eletto nel collegio di Camerino (Macerata), nella XX Legislatura del Regno d’Italia (05.04.1897 - 17.05.1900)- impegnato soprattutto nella realizzazione d’istituti medico-pedagogici e classi differenziali. Insieme a Leonardo Bianchi (neuropsichiatra e Deputato) ha poi tracciato le linee della nuova legge Giolitti del 1904[2] che regolava i manicomi.

Fu un vero precursore; carattere forte e rigoroso, battagliero (come dimostra la querelle con il Lombroso sulla pellagra), ha intrattenuto rapporti internazionali traducendo testi di illustri colleghi e producendo anche un gran numero di lavori personali.

Sicuramente nell'Ottocento e fino alla legge Basaglia, le condizioni degli ammalati psichiatrici nei manicomi erano drammatiche: al tempo di Bonfigli, per la cultura psichiatrica ancora agli albori e, con una capacità di intervento terapeutico elementare, era estremamente difficile “curare”. Le possibilità terapeutiche con i farmaci che abbiamo attualmente nascono nel ‘900: nel 1903 fu commercializzato il barbital, il primo barbiturico; la clorpromazina – il primo neurolettico - è stata sintetizzata l’11 Dicembre 1951 da Paul Charpentier e nel 1954 il dott. Leo Sternbach iniziò a studiare le benzodiazepine. Fino ad allora, la contenzione, i bagni freddi e l'isolamento erano le uniche forme efficaci per impedire al paziente di provocare danni a sé o agli altri.

Nella Rivista clinica di Bologna, apparve un articolo di Bonfigli che ci dimostra quali fossero le capacità terapeutiche che la scienza offriva. (Bonfigli, 1870).

[…] 4. Papaverina - Leidesdorf e Breslauer si erano ripromessi molto dall’uso di questo rimedio contro certe malattie mentali, e giunsero a riguardare le virtù sedative di esso, come molto superiori a quelle di tutti gli altri alcaloidi dell’oppio. Peraltro le ulteriori esperienze istituite da Funck, e da esso comunicate alla Società medica di Greifswald, hanno fatto riconoscere, che quand’anche la papaverina non sia un rimedio da assolutamente rigettarsi, pure è ben lontana dal possedere le proprietà ascrittele da Leidesdorf, mentre in molti infermi di malattie mentali non produsse la menoma calma, ed in qualcuno anzi, provocò un maggior eccitamento. […]

6. La belladonna, sotto forma di estratto, incorporato alla sugna (grammi 5 in 30), è stata adoprata da Dauvergne con grande vantaggio, per calmare i dolori dello zoster. Dauvergne ordinariamente a tale medicatura fa precedere le spennellature con una soluzione di percloruro di ferro, secondo il metodo abortivo di Baudon e Gresly. - La belladonna viene pure raccomandata come il migliore dei rimedi contro l’asma da Hyde Salter, che l’amministra internamente sotto forma di tintura e a dose crescente. […]

11. Anestetico composto - Sauer di Berlino, in seguito a molti studi fatti sui vari anestetici, è giunto a conchiudere, che il migliore di essi è un miscuglio di cloroformio, protossido d’azoto ed aria atmosferica. Facendo inalare questo miscuglio si produce anestesia completa, e si sfugge a quei pericoli, che include l’uso del solo cloroformio o del solo protossido d’azoto, poiché sotto l’influenza di esso, il polso rimane quasi sempre eguale. La proporzione migliore con cui le diverse sostanze devono concorrere a formare il miscuglio, è la seguente: cloroformio grammi 6, ossidulo d’azoto 16 litri, aria ¾ di litro. Sauer si serve per apparecchio d’inalazione di un piccolo gasometro, costrutto appositamente dal fabbricatore Barth.

12. L’etere solforico polverizzato col nefogeno, e proiettato sulla colonna vertebrale, venne già raccomandato contro la corea da Lubeski e da Zimberlin. Ora Perroud e Mazade, riferiscono nuovi casi, in cui questo metodo di cura, è stato seguito dall’esito il più brillante. L’etere veniva spinto col polverizzatore di Richardson su tutta la colonna vertebrale; la quantità di etere impiegata fu di circa 100 grammi per seduta, e poche sedute ripetute giornalmente, bastarono a vincere la malattia. […]

14. Il curaro per iniezioni ipodermiche contro il tetano, è stato adoperato in quest’anno negli ospedali di Napoli, ed il Dott. Fragalà riferisce come in 6 casi si sieno osservate 5 guarigioni. Tre di questi casi, di cui uno ebbe esito infausto, erano di origine traumatica, e tre erano insorti per cause reumatiche. In ogni giorno furono iniettati 3 a 5 centigrammi di curaro in due o tre grammi di acqua. Tale metodo di cura fu coadiuvato dall’uso dei bagni a 30° C prolungati da 1 a 3 ore, e ripetuti due o tre volte al giorno. La guarigione completa fu ottenuta in tutti i casi dopo 15 o 20 giorni. - Il Niemeyer ha tentato l’uso del curaro, anche in un caso di lissa, ma però benché gli accessi diventassero meno violenti dopo ogni iniezione del rimedio, pure l’ammalato dovette inevitabilmente soccombere. […]

21. Il trattamento del tifo addominale coll’acqua fredda, è stato nuovamente raccomandato da molti clinici tedeschi, e fra gli altri dal Gehrardt. La guarigione procentuaria del tifo sarebbe molto aumentata con tale metodo di cura, e benché con esso non venga abbreviato il corso della malattia, pure viene resa molto più breve la convalescenza, e vengono mitigati molti dei sintomi spiacevoli che accompagnano il tifo, come la diarrea e la ipostasi. L’abbassamento della temperatura, che secondo alcuni sarebbe considerevole dopo le applicazioni fredde, da altri osservatori è stato veduto avvenire solo in leggiero grado, e noi stessi in qualche caso non lo abbiamo rinvenuto che di pochi decimi. All’incontro in due casi di tifo addominale le applicazioni fredde localizzate sul ventre, e tenute a permanenza, ci hanno prodotto un abbassamento di temperatura di quasi due gradi. Ciò forse ha la sua ragione, nell’esser l’addome la sorgente principale del calore animale (Wundcrlich). […]

51. Il Professor Filippo Lussana ha presentata una memoria al congresso medico internazionale sull’uso del succo gastrico del cane, da esso proposto per la cura dei cancri esulcerati. Le conchiusioni del Lussana sono appoggiate sopra osservazioni del Tansini, del Pagello e del De-Castro, dalle quali risulta in modo splendente, come con questo rimedio si possa ottenere la guarigione completa di una malattia sinora ribelle a tutti i metodi di cura. L’azione del succo gastrico sarebbe digerente e fluidificante sui tessuti morbosi. L’applicazione sulle piaghe cancerose, deve esser fatta per mezzo di filaccie imbevute nel suddetto succo, ovvero, dopo aver circondata la piaga con una diga di ceroto, vi si deve versar sopra una sufficiente quantità di succo, per tenerla sotto un bagno continuo del medicamento. Il De-Castro ha adoperato con esito felice in due casi, le iniezioni di pepsina nel centro del tumore, eseguite con la sciringa di Pravaz. Thiersch e Nussbaum non avrebbero ottenuto risultati soddisfacenti col succo gastrico artificiale, ma ciò è forse da accagionarsi al poco valore fisiologico che ha la pepsina del commercio. Attendiamo che altre esperienze confermino le esperienze del Lussana, e ne terremo allora informati i nostri lettori.

Come in tutti i tempi, poi, e in tutte le culture, l'uso strumentale del ricovero coatto - contro eredi scomodi o rivali politici -, veniva praticato profusamente e, inoltre, le condizioni igieniche e di accoglienza erano estremamente carenti in tutti i manicomi.

Che dovesse quindi esserci un miglioramento - o meglio una rivoluzione - nel sistema manicomiale moderno, era inevitabile. Ma quanto messo in atto con la legge Basaglia è stato estremamente incompleto. La grande rivoluzione della chiusura dei manicomi doveva essere preceduta da una organizzazione capillare di assistenza domiciliare o nelle case famiglia; organizzazione ancora oggi disastrosa.

Quello che è accaduto in realtà, è stata la chiusura dei lager per lasciare i pazienti in balia delle famiglie, naturalmente incapaci di far fronte alla malattia; sono state piuttosto provocate altre patologie di tipo ansioso, se non addirittura depressivo, nei familiari costretti a convivere con soggetti scarsamente gestibili, per l’assunzione saltuaria della terapia farmacologica, con crisi di aggressività e di fughe dall'ambiente domestico. Simile situazione nelle case famiglia, per lo più improvvisate, senza personale adeguato o scarso, frequentemente stimolate dalla possibilità di lucrare grazie all'accoglienza di un soggetto psichiatrico. Altra alternativa: pazienti ricoverati in strutture di lungodegenza con diagnosi fittizie insieme ad anziani fragili e incapaci di difendersi da soggetti con crisi di aggressività; oppure pazienti liberi di salire sugli autobus e di aggredire verbalmente o fisicamente altri passeggeri, per questo ricoverati con TSO ma per un tempo estremamente limitato proprio dalla legge; dimessi sedati (non curati), certi che non avrebbero più assunto terapia perché non consapevoli di malattia... fino al prossimo TSO. Ancora, famiglie facoltose che possono permettersi il ricovero in costosissime cliniche private o reparti ospedalieri carichi di pazienti e con pochi operatori; tranne poche, pochissime isole felici.

Probabilmente, invece di una chiusura, sarebbe servita una ristrutturazione del sistema manicomiale con l’assistenza di personale qualificato, con la progettualità della cura, del recupero del paziente e del suo inserimento nel tessuto sociale. Sarebbe stata una riforma più equa e meno “politica”.

Non è detto, però, che non si possa rimediare.

  Foto 1 12 Marzo 1893  jpg Foto 2 12 Marzo 1893  jpg

Foto 3 12 Marzo 1893  jpg Foto 4 12 Marzo 1893  jpg

Lettera in cui parla dei festeggiamenti in programma a Roma - sua nuova sede - in occasione dei 25 anni di nozze di Re Umberto I e della Regina Margherita.




[1] Clodomiro Bonfigli, frenastenici alla conquista della dignità. E. Vicario, 2014

[2] LEGGE 14 FEBBRAIO 1904, N. 36. DISPOSIZIONI SUI MANICOMI E SUGLI ALIENATI. CUSTODIA E CURA DEGLI ALIENATI. (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 Febbraio 1904 - G.U. 22.02.1904 n. 043)