Dall’effetto Flynn alla punteggiatura
James Robert Flynn, uno psicologo americano naturalizzato neozelandese che è stato Professore emerito di Scienze politiche dell'Università di Otago a Dunedin Home, ha elaborato una teoria che ha preso il suo nome: effetto Flynn. In un lavoro pubblicato nel 1987 sul Psychological Bulletin1 ha evidenziato l’“aumento delle prestazioni dei test di intelligenza nella popolazione generale nel tempo e nelle generazioni”.
Dopo di lui, vari studi internazionali2 hanno esaminato questo fenomeno e non sempre sono stati raggiunti gli stessi valori, probabilmente per variazioni nel metodo di raccolta dati e psicometrici.
Il quoziente intellettivo (QI) misura l’intelligenza generale che comprende sia il ragionamento astratto che la capacità logica ed è influenzato da molteplici fattori che vanno dalla componente genetica – oggi influenzata dall’immigrazione che implica anche incroci genetici - a quella ambientale, quindi nutrizionale3, culturale per la crescita negli anni della scolarizzazione, ma anche economica per i maggiori stimoli presenti nelle aree più industrializzate. A tutto questo va aggiunto il quoziente emotivo, cioè la capacità di percepire le emozioni proprie e degli altri: l’empatia.
Negli ultimi decenni, però, secondo uno studio condotto dall’Accademia nazionale delle scienze norvegese, nei paesi più industrializzati il QI diminuisce mediamente dello 0,25-0,50 l’anno con la tendenza invece al suo aumento nei paesi meno sviluppati: effetto Flynn capovolto. Molti studi sono iniziati nel tentativo di spiegare questa nuova tendenza4.
Nel 2015, Jakob Pietschnig e Martin Voracek, del Dipartimento di ricerca psicologica di base e metodi di ricerca della Facoltà di psicologia presso l’Università di Vienna, nel loro lavoro dal titolo “One Century of Global IQ Gains: A Formal Meta-Analysis of the Flynn Effect (1909-2013)”, hanno studiato quasi 4 milioni di persone provenienti da 31 paesi e hanno evidenziato lo stesso aumento rilevato da Flynn del QI a livello mondiale nell’arco di un secolo. Hanno evidenziato maggiori miglioramenti negli adulti rispetto ai bambini e che questi miglioramenti sono però diminuiti negli ultimi decenni.
Christophe
Clavé, laureato in Scienze Politiche, Professore di stratégie &
management all’INSEEC
(Institut des Hautes Economiques et Commerciales), Bordeaux, ha
espresso la sua riflessione su questo fenomeno:
ll Quoziente d’Intelligenza (QI) medio della popolazione mondiale è in continuo aumento (effetto Flynn). Questo almeno dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ’90. Da allora il QI è invece in diminuzione…È l’inversione dell’Effetto Flynn. La tesi è ancora discussa e molti studi sono in corso da anni senza riuscire a placare il dibattito. Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei Paesi più sviluppati. Molte possono essere le cause di questo fenomeno. Una di queste potrebbe essere l’impoverimento del linguaggio. Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l’impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso. La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo. La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell’espressione. Solo un esempio: eliminare la parola “signorina” (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all’estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie. Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero. Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile. Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare. La storia è ricca di esempi e molti libri (Georges Orwell – 1984; Ray Bradbury – Fahrenheit 451) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole. Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale? Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro? Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto? Cari genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata. Perché in questo sforzo c’è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana. Non c’è libertà senza necessità. Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.
L’eloquio, la scrittura - quindi la “parola” sia orale che scritta - e i pensieri che attraverso esse vengono comunicati usando un ricco vocabolario e l’insieme dei “segni” che scandiscono il tempo di una lettura e che enfatizzano le emozioni sottese, sono le basi necessarie per crescere come singoli individui e per permettere delle sane relazioni sociali. Oggi si rileva una sempre maggior attenzione a testi brevi, come se bisognasse non perdere tempo, fare in fretta, e questo porta all’incapacità di concentrarsi e quindi di capire. Le violenze fatte quotidianamente alla nostra lingua portano alla perdita del vero contatto sociale e all’incapacità di giudizio.
1 Flynn, J., R., (1987). Massive IQ Gains in 14 Nations-What IQ Tests Really Measure. Psychological Bulletin, 101, 171−191.
2 A Martorell Cafranga, JL Ayuso Mateos Uncertainty on the measurement of intelligence, 2004
3 Requiem for nutrition as the cause of IQ gains: Raven's gains in Britain 1938-2008
4 Platt JM, Keyes KM, McLaughlin KA, Kaufman AS. Hanno pubblicato lo studio dal titolo: The Flynn effect for fluid IQ may not generalize to all ages or ability levels: a population-based study of 10,000 US adolescents. 2019