Francesco V d’Austria-Este

di Matias Menabue


Parlando di Monarchia in Italia, il primo pensiero che subito balza alla mente di tutti è rivolto ai Savoia, la dinastia piemontese che fu protagonista di quasi un secolo di storia nazionale, dal Risorgimento al 1946. Spesso però l'opinione comune sembra non ricordarsi di ciò che fu prima del 17 marzo 1861. Si è tristemente persa memoria delle dinastie preunitarie, e di quanto gli Stati da esse governati fossero ognuno a proprio modo interessanti e ricchi di propria cultura e storia.

È quindi utile delineare un quadro preciso della situazione italiana prima delle guerre di indipendenza.

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La penisola italica era retta da nove entità statuali: il Regno di Sardegna, che aveva potere sul Piemonte, la Sardegna, i territori dell’ex Repubblica di Genova e parte della Lombardia. Il Regno Lombardo-Veneto, con capitale Milano e soggetto all’Impero asburgico. Il Ducato di Parma e Piacenza, retto dai Borbone-Parma. Il millenario Stato Pontificio, comprendente parte del centro-Italia e tutto il Lazio. Il Regno delle Due Sicilie, governato dai Borbone, operante in tutto il Sud-Italia con capitale Napoli. Il Granducato di Toscana, nel quale regnava la dinastia Asburgo-Lorena. La Repubblica di San Marino, che sino ai giorni nostri rimarrà indipendente. Infine, vi era il Ducato di Modena e Reggio, al quale era stato annesso l’intero territorio del Ducato di Massa, di Guastalla, di Mirandola e del Principato di Carrara. La casata avente sovranità su Modena era l’Asburgo-Estense. Essa si generò nel 1771, quando l’unica erede di Ercole III, allora Principe ereditario del Ducato, si sposò con il figlio di Maria Teresa d’Asburgo Ferdinando Carlo. La coppia diede al mondo nove figli, tra i quali si ricordano:

-Maria Teresa, moglie di Vittorio Emanuele I di Savoia

-Ferdinando Carlo Giuseppe, comandante dell’esercito austriaco

-Massimiliano Giuseppe, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico

-Maria Ludovica, Imperatrice d’Austria

-Francesco IV, Duca di Modena

Infatti Francesco, primogenito maschio in vita (Giuseppe morì infante a pochi mesi di vita) venne, a seguito del Congresso di Vienna, investito del restaurato Ducato estense. Governò un regime tirannico dal 1814 al 1846, anno della sua morte. Gli succedette il figlio omonimo, nato dall’unione con Maria Beatrice di Savoia. Il giovane Duca salì al potere in un momento complicato; i moti risorgimentali infiammavano la penisola, in gran misura nel territorio modenese, dove la rabbia per le crudeli repressioni del defunto Francesco IV era ancora viva. Nonostante la sua concezione monarchica assolutistica, derivante da diritto divino, agì più clementemente del padre.

Nel 1848 a Modena si manifestarono i moti giovanili e liberali che tempestavano i Sovrani di tutta Europa, ormai trascinati dal popolo verso una nuova epoca. Inizialmente il Sovrano modenese fece circondare il Palazzo Ducale di cannoni, intento a reprimere duramente le proteste. In seguito però, al giungere della notizia di una spedizione di missionari bolognesi diretti a Modena, emanò un editto con il quale promise alla cittadinanza diverse riforme e concessioni, per poi nominare una reggenza e trasferirsi temporaneamente a Bolzano, per evitare spargimenti inutili di sangue. Questo gesto, considerato il più delle volte vigliacco e disonorevole, può essere invece descritto come una tattica di Casa d’Este, usata nel corso dei secoli da diversi esponenti della famiglia. L'abbandono della capitale è stato un gesto che ha permesso ai Sovrani modenesi di mantenere la sovranità sui propri possedimenti, salvando la popolazione da stragi innecessarie.

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La reggenza ducale nominò un governo provvisorio, presieduto da Giuseppe Malmusi, intento a portare avanti pesanti riforme sul piano civile. Durante l’esilio il Duca mandò formale protesta alle potenze firmatarie a Vienna per denunciare l'usurpazione da parte del Regno sardo-piemontese e della vicina Toscana. Si incrinarono così i rapporti fra la dinastia sabauda è quella estense, che da decenni erano stati mantenuti eccellenti, come dimostrano i diversi matrimoni tra membri delle due casate. La tacita ostilità si palesò in uno sdegnoso gesto: la riconsegna delle onorificenze ricevute dai Savoia stessi. Francesco potette tornare a Modena il 10 agosto 1848, grazie al presidio delle truppe austriache. Il Duca si manifestò benevolo, e consentì a tutti gli uomini coinvolti nella rivolta di lasciare il Ducato. L’anno successivo, nel 1849, il Duca fu vittima di un attentato alla sua vita, avvenuto nei pressi di Medolla, in provincia di Modena. Di ritorno da un soggiorno nel casino ducale di San Felice sul Panaro, scese dalla carrozza, prendendo le distanze dal suo seguito. Fu in quel momento che il giovane mazziniano Luigi Rizzatti sparò un colpo dal suo fucile. L’arma però si inceppò, e Francesco ne uscì illeso. Nonostante si trattasse di tentato regicidio, il ragazzo fu condannato a solo dieci anni, in un processo dove il Duca stesso non chiese il massimo della pena. Nel periodo intercorso fra la pace di Milano (6 agosto 1849) e la Seconda Guerra d’Indipendenza (1859), Francesco V si dedicò all’attuazione di diverse riforme legislative. Lo stesso giorno della pace di Milano, il Duca istituì una commissione di cinque membri, supervisionati dal Ministro di Grazia e Giustizia Rinaldo Scozia, incaricati di revisionare il sistema di leggi civili, penali e procedurali. I lavori si chiusero con la promulgazione di quattro volumi di codici, riassunti nella cosiddetta Codificazione estense (differente dal “Codice estense” del 1771, ad opera di Francesco III). Nel 1851 venne introdotto nello Stato estense il telegrafo, ed iniziò la stampa di francobolli rappresentanti l’aquila d’Este. Al 1855 risale l’elevazione della diocesi di Modena ad arcidiocesi, per opera del Pontefice Pio IX. Si costituiva così la provincia ecclesiastica estense, che si estendeva da Mirandola a Massa. Ciò fu per Francesco V un segno positivo, che vedeva il proprio Stato unito dalla stessa giurisdizione religiosa. Il 23 maggio 1859, negli ultimi mesi di vita del Ducato, venne inaugurata il primo tratto di ferrovia fra Modena e Reggio. In quello stesso anno la storia poneva davanti agli stati italiani un cambiamento rivoluzionario. Scoppiò la Seconda Guerra d’Indipendenza. Francesco fu l’unico Principe d’Italia a dichiarare apertamente la sua fedeltà all’Impero, cercando di mantenere la tranquillità fra i suoi sudditi, mascherando le vittorie franco-piemontesi. Non fu però possibile nascondere l’importante sconfitta austriaca a Magenta; l’Impero richiamò le proprie truppe dal Ducato, lasciando Francesco solo con il proprio ridotto esercito. L’11 giugno 1859 Francesco V lasciava per l’ultima volta il Ducato di Modena e Reggio, appartenuto alla sua famiglia per ben 500 anni. Proclamò una reggenza ed affisse in piazza d’Armi un ordine del giorno a chiarimento del suo comportamento. Partì alla volta di Mantova, ancora austriaca, seguito dalle sue truppe fedelissime, che per i successivi quattro anni assunsero il nome di Brigata Estense. Il 24 settembre 1863 a Cartigliano Veneto, venne tenuta una solenne cerimonia, nella quale Francesco insignì i propri soldati di una medaglia recante l’incisione “Fidelitati et constantiae in adversis” (Fedeltà e coerenza nelle avversità), sollevandoli ufficialmente dai loro incarichi. Sciolte le milizie, il Duca si ritirò a Vienna, nel palazzo della Landstrasse, per poi acquistare il castello di Wildenward in Baviera. Durante la fuga dal Ducato Francesco portò con sé diverse opere da lui ritenute appartenenti alla famiglia estense e non allo Stato. Iniziarono così una serie di polemiche e discussioni a livello legale riguardo la proprietà delle opere, che si conclusero con la restituzione da parte del Duca delle opere mobili, a condizione che assumessero la denominazione “Estense” e che venissero custodite dai rappresentanti della città di Modena. Tenne per sé però diversi codici miniati di grande importanza, fra i quali ricordiamo l’Offiziolo Alfonsino, il Breviario di Ercole I e la famosa Bibbia di Borso d’Este, definita da alcuni la “più bella del mondo” o addirittura “il libro più bello del mondo”. Durante l’esilio Francesco ebbe modo di viaggiare e visitare il mondo, arrivando fino all’Oriente ed alla Terra Santa. Morì il 20 novembre 1875 a Vienna, senza eredi. Nel suo testamento egli eleggeva come suo legittimo erede l’allora dodicenne Francesco Ferdinando d’Austria, famoso per essere divenuto in età avanzata il casus belli della Prima guerra mondiale, venendo assassinato a Sarajevo nel 1914 da Gravilo Princip. Nel testamento fu indicato anche che il successore legittimo del casato austro-estense avrebbe dovuto portare il cognome Este, conoscere l’italiano e non essere Sovrano di altri Stati legittimi. Francesco non fu solo ultimo Duca di Modena, ma anche pretendente legittimo al trono britannico secondo la line giacobita, originatasi da Giacomo II d’Inghilterra e Maria di Modena. Il titolo gli fu trasmesso dalla madre, Maria Beatrice di Savoia.

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Francesco V d’Austria-Este è stato senza dubbio uno dei personaggi di maggior rilievo nella storia del piccolo Ducato di Modena e Reggio. Con la sua cacciata e la conseguente scomparsa della sovranità geminiana, finì l’epoca di splendore alla quale Modena era stata elevata de iure nel 1598, con l’arrivo della corte estense cacciata da Ferrara, de facto con il magnifico Francesco I, che trasformò Modena da città sporca e fatiscente a capitale europea barocca. È difatti interessante il periodo dell’ultimo Duca di Modena poiché rappresenta la realtà così diversa nella quale versava l’Italia ottocentesca dove, mentre in Inghilterra si viveva la tanto elogiata epoca vittoriana, città come Modena erano sede istituzionale di rapporti internazionali fra potenze europee e mondiali. Leggendo riguardo Francesco V prima in un’ottica antiaustriaca è facile cadere nella trappola del patriottico amore per l’Unità nazionale, che però non aiuta ad avere una visione completa di chi era davvero l’ultimo Duca di Modena. Lui stesso considerava le proprie “Patria” l’Italia e l’Austria in egual modo, riflettendo fin da giovane su un progetto di unità italica sotto la garanzia dell’Impero. Il secondo nome di Francesco fu Geminiano, sinonimo di modenese; egli, infatti, conosceva non solo il suo popolo, ma anche la sua lingua, il dialetto. Non fu un semplice estraneo giunto per comandare. Per comprendere meglio quale fosse il suo legame con la terra natale, vorrei citare le sue stesse parole, in risposta alla proposta fattagli dalla casata d’Asburgo per ascendere al trono di Imperatore Messicano: «... riguardando io la piccola sovranità di Modena, più come un dovere che come un diritto, non ero in alcun modo disposto a rinunziarvi, nemmeno a fronte di qualsiasi compenso, fosse pure brillante, vantaggioso e lusinghiero ...».