Giuseppe Scarabelli, un esempio di lungimiranza scientifica e di servizio alla sua città

di Carlo Giovanni Sangiorgi

 

Nel corso del XIX° secolo, si svilupparono nuove correnti di pensiero rivolte ad una comprensione in senso scientifico delle leggi della Natura, mettendo l’Uomo stesso al centro di una profonda riflessione sulla sua esistenza e del suo posto nell’universo. Vi fu altresì la presa di coscienza dell’importanza della conservazione del patrimonio culturale e naturalistico, non solo nel senso di tutela, ma anche come testimonianza da tramandare alle generazioni future. Una nuova idea di progresso si era, dunque, creata nell’emergente borghesia agricola e industriale, in cui la divulgazione verso la società dei risultati di queste nuove ricerche era visto come servizio alla comunità stessa, in un’ottica di sviluppo economico e sociale.

Il Conte Giuseppe Scarabelli Gommi Flamini, nato ad Imola il 16 settembre 1820 da Giovanni, medico con interessi umanistici, e da Elena Gommi Flamini, ne fu un esempio emblematico di lungimiranza e di servizio alla cittadinanza.

Fino all’età di circa vent’anni ricevette un’istruzione privata per poi essere avviato agli studi universitari nel 1841, dapprima in campo medico per un breve periodo a Bologna. L’anno successivo si trasferì a Firenze per seguire le lezioni di anatomia impartite da Filippo Nesti, celebre studioso dei grandi vertebrati fossili recuperati dalle miniere di lignite dei bacini Villafranchiani della Toscana. Fu in questo ambiente, probabilmente, che il giovane Scarabelli decise di indirizzarsi agli ambiti naturalistici: nel XIX° secolo gli studi per l’avviamento alla professione medica e farmaceutica prevedevano un curriculum incentrato su materie naturalistiche, di conseguenza esse devono aver in un qualche modo stimolato gli interessi scientifici del giovane studioso. Questo lo portò a trasferire i propri studi all’Università di Pisa, ove, nel 1842, venne istituita la cattedra di Geologia condotta dal vulcanologo Leopoldo Pilla, una persona con cui lo Scarabelli coltivò una profonda amicizia e condivise il pensiero scientifico e gli ideali patriottici risorgimentali. In quel periodo, l’ambiente accademico pisano era frequentato da alcuni dei più celebri geologi del tempo, i quali stavano delineando le basi per un importante progetto scientifico di analisi e datazione dei terreni della penisola italiana. Scarabelli, oltre che a frequentare assiduamente le lezioni in qualità di uditore, partecipò a diverse escursioni di studio, guidate dallo stesso Pilla e, spesso, da altri eminenti studiosi come Paolo Savi e Raffaele Piria.

Negli anni tra il 1843 e 1845, egli decise di partire per un viaggio di approfondimento degli studi pregressi, durante il quale visitò noti musei naturalistici e di prospezioni geognostiche, compiendo, nel frattempo, escursioni nel veronese, nel vicentino, nel napoletano e in Sicilia. In particolare, egli fece numerosi sopralluoghi nell’Appennino marchigiano e emiliano-romagnolo, specie nelle zone dal bolognese al senigalliese. Queste esperienze sul campo lo portarono a produrre numerose pubblicazioni cartografiche negli anni successivi. Negli stessi anni, si dedicò ad inquadrare stratigraficamente i siti paleontologici nelle colline di Imola, ove l’amico Giuseppe Cerchiari aveva individuato ossa fossili appartenenti a grandi vertebrati. Durante gli spostamenti di studio, lo Scarabelli manteneva rapporti epistolari con molti colleghi, tra cui l’amico Leopoldo Pilla, fino a quando quest’ultimo cadde nella battaglia di Curtatone del 1848, tappa fondamentale della Prima Guerra d’indipendenza italiana contro le truppe dell’Impero asburgico.

Nel 1845 morì il padre e lo zio della madre Conte Giacomo Gommi Flamini, da cui ereditò patrimoni e titolo nobiliare che utilizzò raramente.

L’anno successivo, Giuseppe Scarabelli venne ammesso alla rinomata Société Géologique de France: le pubblicazioni nel Bulletin dell’omonima Società, gli permisero di ottenere il riconoscimento scientifico a livello internazionale, sebbene senza una laurea.

Nell’intervallo di tempo che andò dal 1849 al 1855, a causa degli avvenimenti che si manifestarono a seguito alla caduta della Repubblica Romana, lo Scarabelli si tenne lontano dalla vita pubblica, pur continuando assiduamente a sostenere segretamente i moti risorgimentali contro il ristabilito Governo Pontificio. Nel 1851, si unì in matrimonio alla Contessa Giovanna Alessandretti, da cui non ebbe figli. Questo fu anche un momento di incessante attività di ricerca e sopralluoghi nell’Appennino settentrionale e marchigiano, con particolare attenzione ai terreni secondari e terziari dal bolognese al senigalliese, ottenendo importanti risultati come ci dimostrano la moltitudine di pubblicazioni e carte geografiche prodotte in questo periodo.

Di rilevante importanza fu la pubblicazione del 1850, ovvero del primo trattato di preistoria in Italia intitolato “Osservazioni intorno alle armi antiche di pietra dura che sono state raccolte nell’Imolese”: esso, oggi purtroppo non molto conosciuto, ebbe il merito di gettare le basi dei futuri studi in questo ambito disciplinare nella Penisola. L’intento dell’opera era di esaminare scientificamente un gran numero di manufatti archeologici in pietra lavorata, appartenenti alla collezione del paleontologo e amico Giuseppe Cerchiari: il punto di forza dello scritto era l’approccio innovativo della ricerca, incentrato fortemente sul metodo scientifico, dunque sull’analisi degli aspetti morfologici e tecnologici, delle materie prime utilizzate e al contesto stratigrafico di rinvenimento, realizzando altresì fedeli disegni dimostrativi. Il genio dello Scarabelli anticipava di circa un secolo i moderni metodi di ricerca archeologica, allora legati perlopiù alla tradizione antiquaria, la quale non prediligeva l’analisi dei manufatti e del contesto di ritrovamento, ma bensì il semplice collegamento con le fonti storiche scritte. La coscienza della specificità degli studi preistorici derivava dalla formazione positivista incontrata nell’ambito geologico-naturalistico: egli comprese che essi non potevano trascendere da un approccio fortemente interdisciplinare, in cui le ricerche strettamente geologico-stratigrafiche dovevano integrarsi con quelle naturalistiche, paleontologiche e archeologiche. Il suddetto trattato mostra altresì uno sfondo ideologico di fondo, in netta contrapposizione ai dogmi delle tesi creazioniste, alimentato certamente dal contatto con la letteratura francese. Nel 1867, i reperti archeologici della collezione Cerchiari vennero esposti all’Esposizione Universale di Parigi, rendendola famosa a livello internazionale.

Non mancarono altri contributi importanti nel panorama delle ricerche geologiche della penisola italiana: per citare alcuni esempi, di rilievo fu l’individuazione di uno strato-guida gessoso terziario che si sviluppava dal bolognese sino alla Sicilia (la cosiddetta “Vena del Gesso”), oppure gli studi sulle Sabbie Gialle delle prime colline sud-orientali di Imola, fondamentali nella collocazione al Pliocene di ossa fossili di grandi vertebrati ivi rinvenuti.

L’incessante lavoro ed i contributi dello Scarabelli furono di fondamentale importanza per la fondazione, nel 1857, del Gabinetto di Storia Naturale, il primo museo civico della città di Imola: collocato in due locali posti al primo piano del complesso di San Francesco, già sede della biblioteca e del teatro comunali, venne fondato con il fine, oltre che di catalogazione e di conservazione di numerose testimonianze geologiche, paleontologhe, paletnografiche, archeologiche e naturalistiche, di donare uno spazio didattico e di ricerca “alla Studiosa Gioventù Imolese”. Attraverso la cooperazione con altre rinomate personalità della società cittadina, ovvero Giuseppe Liverani, Odoardo Pirazzoli e Giacomo Tassinari con cui lo Scarabelli nutriva un sentimento di amicizia e comuni idee liberali,

 
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 I quattro fondatori del Gabinetto di Storia Naturale: dall’alto a sinistra in senso orario Giuseppe Scarabelli, Giuseppe Liverani, Odoardo Pirazzoli, Giacomo Tassinari.

 

il Museo arrivò a comprendere 4000 campioni di rocce e fossili italiani e 200 di origine estera della “collezione Scarabelli”, 5000 specie di coleotteri donate dal Pirazzoli, un erbario ad opera del Tassinari e del Toschi, composto da 34 volumi al cui interno erano conservate 4000 specie vegetali, 170 uccelli della “collezione Liverani”, le collezioni di conchiglie marine e di acqua dolce, le quali comprendevano rispettivamente 150 e 400 campioni raccolti dal Tassinari ed infine 25 esemplari di rettili romagnoli, recuperati sempre da quest’ultimo. L’anno successivo venne a far parte dell’esposizione anche la collezione preistorica e paleontologica di Giuseppe Cerchiari, il quale aveva espresso, nelle sue ultime volontà testamentarie, il desiderio di devolverle alla cittadinanza sotto la cura dell’eminente geologo.

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 La sala di Geologia ed Antichità del Gabinetto di Storia Naturale.


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La sala di Zoologia del Gabinetto di Storia Naturale.

 

La devoluzione di collezioni private all’interno di una istituzione pubblica, in modo tale che fossero fruibili alla cittadinanza, era in linea con le idee positiviste che, in quell’epoca, si erano diffuse nella penisola italiana: la divulgazione scientifica e la condivisione della conoscenza erano viste come fondamento per lo sviluppo della società, a cui aderirono, spesso, uomini facoltosi in particolare della borghesia agricola e industriale.

L’attività scientifica di Scarabelli subì un leggero rallentamento nel periodo che andò dal 1859 al 1888, a causa dell’aumento degli impegni politici conseguenti alla caduta del Governo Pontificio e alla annessione delle Romagne al Regno d’Italia: egli ebbe addirittura l’onore, nel 1859, di leggere innanzi al Padre della Patria, Re Vittorio Emanuele II di Savoia, il voto di annessione delle Romagne al Regno Sabaudo, in qualità di Vicepresidente della Deputazione dell’Assemblea Regionale, per poi essere collocato al vertice della Giunta provvisoria del Comune di Imola. In seguito, venne nominato Gonfaloniere della città e subito dopo, nel 1860, fu eletto Sindaco, carica che mantenne fino al 1866, per poi successivamente rimanere Consigliere comunale e provinciale per diversi anni. Nel 1864, per i meriti politici e scientifici, fu chiamato a ricoprire la carica di Senatore del Regno, i cui impegni pubblici non lo priveranno del prestigio scientifico acquisito negli anni precedenti: la posizione istituzionale gli consentì di essere sempre aggiornato sulle attività di ricerca più rilevanti a livello nazionale ed internazionale e di intrattenere contatti importanti con molte personalità degli ambienti accademici.

Nel periodo di attività politica non venne meno alla sua passione, tanto che nel 1888 divenne Presidente della Società Geologica Italiana, celebrazione del suo carisma scientifico, del rigore e dell’umiltà da sempre mostrati in ogni nuovo approccio di ricerca; ciò gli consentì di continuare le ricerche orogenetiche degli Appennini, tra i cui obiettivi vi fu di terminare il suo progetto di cartografia da Bologna ad Ancona. Scarabelli non mancò, inoltre, di intensificare le sue attività di prospezione archeologica, in particolare nei celebri scavi del Monte Castellaccio di Imola (Bo) e di S.Giuliano di Toscanella (Bo).

 
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Foto scattata a Giuseppe Scarabelli nel 1899 durante lo scavo del sepolcreto di San Giuliano di Toscanella.

 

È del 1887, la pubblicazione della monografia “Stazione preistorica del Monte Castellaccio presso Imola scoperta ed interamente esplorata da Giuseppe Scarabelli Gommi Flamini”, opera emblematica per il metodo di esposizione e per le grandiose sezioni e piante di scavo.

 

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Un disegno ricostruttivo di una delle capanne dell’Età del Bronzo di Monte Castellaccio eseguito da Scarabelli nel 1887.

 

Negli ultimi anni della sua vita, Scarabelli si impegnò energicamente nell’arricchimento dell’esposizione museale del Gabinetto, apportando nuovi reperti e strumenti didattici, come ad esempio i plastici, i quali mostravano le caratteristiche geognostiche e stratigrafiche dei territori da lui stesso visitati.


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Plastico geologico del territorio tra il Reno e il Santerno.

 

Nel 1898, lo Scarabelli contribuì alla realizzazione di un pozzo artesiano in Piazza delle Erbe nel centro di Imola, la cui perforazione andata a buon fine fu la conferma della veridicità dei risultati ottenuti nelle sue ricerche geologiche, grazie ai suoi calcoli stratigrafici in merito alla profondità del contatto tra Sabbie Gialle e Argille Azzurre.

Giuseppe Scarabelli morì nella notte del 28 ottobre 1905. È tuttora sepolto nel cimitero di Piratello di Imola.

Attualmente, le collezioni provenienti dall’antico Gabinetto di Storia Naturale sono esposte nel Museo di San Domenico di Imola, ove, nel 2013, è stata inaugurata una sezione interamente dedicata all’eminente cittadino imolese, cercando di ripercorrere il più possibile i canoni ottocenteschi di esposizione di sua fondazione.

 

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Veduta della sezione di Geologia dedicata alle rocce ed ai fossili del versante adriatico dell’Appennino. In primo piano un magnifico esemplare fossile di Cicadea.


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Reperti esposti nella vetrina “Materiali dell’alveo e dei terrazzi fluviali del Santerno”.

 

L’importanza della sua figura e delle sue ricerche non si ferma solamente al contributo che egli ha donato alle scienze preistoriche e geologiche, ma anche nella condivisione di queste conoscenze con la popolazione imolese, derivata dalla sua ferma volontà di creare uno spazio didattico e di sviluppo sociale. Un uomo lungimirante, di idee liberali e di solidi valori risorgimentali che anticipò di un secolo non solo i moderni studi scientifici, ma anche la prerogativa di una educazione diffusa su tutti i livelli della società e non come appannaggio di pochi eletti o di una stretta cerchia oligarchica. Ad oggi, Giuseppe Scarabelli lascia una grande eredità alla sua città natale, ovvero un esempio ed un patrimonio culturale tesoro di tutti.



Estratto dalla Tesi di Laurea Triennale di Carlo Giovanni Sangiorgi, “Storia e Riallestimento delle collezioni del Museo Giuseppe Scarabelli di Imola (Bo)”, Università degli Studi di Ferrara, 2013.