Il Fondo Cencetti e la Dalmazia

di Eleonora Vicario

Giorgio Cencetti, uno studioso universalmente riconosciuto e stimato, morì nel giugno del 1970 lasciando una biblioteca ricchissima ai suoi eredi. Nato nel 1908, laureato sia in giurisprudenza che in lettere, per buona parte della sua vita si interessò dell'Archivio di Stato di Bologna e dal 1966 fu Preside della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell'Università di Roma; inoltre fu Presidente della Commissione per i corsi di formazione dell'Associazione italiana biblioteche dal 1963 al 1968.

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La sua biblioteca oggi è conservata all'Archivio di Stato di Roma e comprende, oltre ai libri di cui è autore, volumi comprati o ricevuti in dono e una serie di documenti, cartoline, appunti che rendono affascinante la sua raccolta.

La Biblioteca Cencetti è stata acquistata dall'Archivio di Stato di Roma dopo una serie di trattative con la vedova Cencetti e i suoi figli, anch'essi eredi; si tratta di una biblioteca altamente specializzata che contiene volumi di difficile reperibilità, volumi rari, non più in commercio, principalmente di paleografia, diplomatica e archivistica. Il contratto tra la famiglia e il Ministero dell'Interno fu stipulato il 1 Febbraio del 1972 e il 12 dicembre del 1972 l'acquisto venne concluso con il versamento di lire 7.150.000 ma con le spese di trasporto a carico della famiglia Cencetti.

Nel momento dell'esame dei volumi acquistati, si rilevarono molti libri che possedevano il timbro di altri Istituti, principalmente bolognesi; libri presi in prestito per essere studiati e ancora non restituiti per cui, nel momento della presa in carico della biblioteca da parte dell'Archivio di Stato di Roma, questi volumi furono restituiti alle rispettive Istituzioni.

Nel 1981 Isabella Zanni Rosiello, dirigente dell'Archivio di Stato di Bologna, richiese alcuni volumi della Biblioteca Cencetti in quanto pertinenti al suo Istituto, così le furono consegnati. Nel frattempo la biblioteca venne inventariata e schedata per autori e per soggetto e la sistemazione venne completata nel 2002, conservando tutto il materiale in una saletta, l'Esagono, all'interno di una libreria chiusa dove ancora oggi viene conservato il Fondo Cencetti. Dopodiché fu iniziata l’indicizzazione dei titoli il cui settore più ampio riguarda la Paleografia con lo studio del filone corsivo in età arcaica, lo studio dei papiri ravennati, della scrittura delle cancellerie provinciali e della formazione della minuscola beneventana[1]; in realtà alla Paleografia appartiene anche l’arte della miniatura mentre Cencetti lasciava da parte l’ornamentazione.

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Nel Fondo Cencetti sono contenute anche opere di carattere generale come manuali di letteratura italiana e straniera, cataloghi di mostre documentarie e bibliografiche delle varie città italiane, testi di storia della Chiesa, di Diritto canonico, pochi testi di Filosofia, alcuni studi giuridici, testi sulla storia del notariato, sulla filologia…

Tra le pubblicazioni eterogenee del Fondo Cencetti c'è una miscellanea di opuscoli e alcuni sono opere di propaganda di regime come ad esempio il primo opuscolo di Gabriele D'Annunzio a sostegno della conquista dell'Etiopia dal titolo Ai combattenti italiani d'oltremare: nel segno perenne di Roma, del 1935, e un rarissimo libricino, Prigioniera nel mare, anonimo, del 1940, di propaganda antibritannica con disegni che mostrano l'Italia circondata da forze nemiche.

Le varie annotazioni, le rilegature, le dediche dei libri che ha ricevuto in dono, i biglietti da visita, gli inviti, le cartoline, i programmi di mostre e di concerti, danno a questa biblioteca un’importanza e una preziosità enorme in quanto ci raccontano un'epoca ma soprattutto il carattere, la personalità del Cencetti, un percorso intellettuale che si è arricchito nel corso della vita.

Una importante pagina della vita di Cencetti è legata alla Dalmazia infatti, un gruppo di opere importanti e cospicue riguardano la storia della Dalmazia. 

“In una lettera del 1937 il C. asserisce di aver “partecipato – bambino, quasi – al combattimento a S. Lorenzo presso il feretro di Enrico Toti”; e negli anni successivi (intorno all’anno 1924), sempre secondo le sue affermazioni, di essere stato anche coinvolto in alcuni scontri con gli Arditi del popolo. Questo suo passionale nazionalismo lo spinse alla fondazione di un gruppo irredentista d’azione dalmata, ed a chiedere poi (1938-1940) l’arruolamento come volontario, anche se era esonerato”[2].

“Durante la seconda guerra mondiale si adoperò nel recupero del materiale archivistico di Villa Talon”[3], che nei primi dell'Ottocento fu un centro di cultura musicale e letteraria poi, durante la Seconda guerra mondiale, fu sede del comando tedesco e nel 1945, pochi giorni prima della Liberazione, fu distrutta a causa di un bombardamento.

Nel 1942 fu inviato in missione a Zara per il riordinamento degli archivi della Dalmazia e curò - nel 1943-1944 - il trasferimento a Venezia di fondi documentari di particolare importanza per l'Italia, reperiti negli archivi della città di Zara e di altri centri. Dopo il loro recupero Cencetti fu incaricato da parte del Ministero dell'Interno di riorganizzare i documenti e destinarli a Venezia. Dal ‘46 al ‘48 Cencetti microfilmò questi archivi e li restituì alla Jugoslavia in seguito al agli accordi del trattato di pace in materia archivistica[4], trattato nel quale fu il delegato del Governo italiano.

In realtà nel Fondo Cencetti si trovano pubblicazioni anche successive a queste date, segno che continuò a lungo ad interessarsi a questi documenti[5].

Si riporta parzialmente, in conclusione, un lavoro di Elio Lodolini, illustre archivistica e professore emerito presso l’Università di Roma “La Sapienza”, deceduto lo scorso mese (18 marzo 2023): 

“Nel breve periodo (1941 - 1943) in cui una parte della Dalmazia - le provincie di Cattaro e di Spalato, oltre ad un ampliamento della preesistente provincia di Zara - fu riunita all'Italia, uno dei problemi che si posero all'Amministrazione italiana fu quello della ricognizione e della salvaguardia dell'antico e prezioso materiale archivistico dalmato. Gli archivi costituiscono difatti la “memoria storica” di un popolo, e tanto più interessanti erano (e sono) quelli della Dalmazia, nei quali ogni parola - a cominciare dalla lingua dei documenti, tutti in latino o in italiano - attesta l'italianità di quella regione, anche anteriormente alla dominazione di Venezia. La documentazione più ricca si trovava a Zara, ove era ben conservata nel “Regio Archivio di Stato”, istituito con R.D. 6 dicembre 1928, n. 2981, e che traeva la propria lontana origine dall'“Archivio generalizio” creato con “terminazione” del 20 settembre 1624 del Provveditore veneto Francesco Molin. L'Archivio di Stato di Zara comprendeva documentazione dal 908, cioè risalente indietro di oltre mille anni. (…) Cencetti aveva il compito di effettuare il censimento degli archivi della Dalmazia e di organizzarvi il servizio archivistico. Nel giro di pochi mesi accertò l'esistenza di una ricca documentazione in molte città maggiori e minori, comprese alcune poste al di fuori delle tre provincie italiane della Dalmazia, nel territorio assegnato allo “Stato indipendente di Croazia”, allora sorto sulle ceneri della dissolta Jugoslavia ed oggi rinato dopo la seconda dissoluzione di quella creazione artificiosa. Cencetti propose la sollecita istituzione degli Archivi di Stato di Cattaro e di Spalato e di una “Sezione”, a Sebenico, dell'Archivio di Stato di Zara. Propose inoltre l'istituzione di una Soprintendenza archivistica per la Dalmazia, con sede in Zara. Le Soprintendenze avevano, ed hanno, il compito di esercitare la vigilanza dello Stato sugli archivi non statali. Sin qui quello che possiamo definire l'antefatto. Ma purtroppo le sorti della guerra volgevano sfavorevolmente per l'Italia, e l'Amministrazione archivistica si dovette vieppiù preoccupare della salvezza delle testimonianze della nostra storia e della nostra civiltà. Il 20 luglio 1943 partì dall'Ufficio Telegrafo e Cifra del Ministero dell'Interno un telegramma indirizzato al Direttore dell’Archivio di Stato di Zara e per conoscenza al Governatore della Dalmazia, così concepito: “Predisponete urgenza imballaggio materiale pregevole et importanza storicopolitico codesto Archivio di Stato per trasferimento località indicata verbalmente prof. Cencetti”, che era Venezia. Le parole qui poste in corsivo erano cifrate. (…) Cencetti e Cabizza nell'agosto 1943 prepararono il materiale archivistico da trasferire, e non solo quello dell'Archivio di Stato di Zara, ma anche una parte di quello di altre città dalmate, con particolare riguardo alla documentazione più antica, di età preveneta e veneta: impresa non facile in quel momento, in cui riusciva difficile trovare persino il materiale da imballaggio e soprattutto un mezzo di trasporto.  Questo fu finalmente reperito nel motoveliero “Laura”, di 120 tonnellate, che avrebbe dovuto procedere con navigazione di cabotaggio soltanto diurna e giungere a Venezia in quattro giorni. Il “Laura”, con 149 casse di documenti, salpò da Zara a mezzogiorno dell'8 settembre 1943, poche ore prima dell'annuncio dell'armistizio, e scomparve: per molti mesi non se ne ebbero notizie sicure. Finalmente, fra il febbraio e l'aprile 1944, si poté accertare che il capitano del “Laura”, giunto a Cherso, sua residenza, vi si era fermato e dai partigiani locali era stato nominato comandante del porto, e che le casse con il materiale archivistico erano state sbarcate ed ammucchiate alla meno peggio in un magazzino portuale, esposte ad ogni rischio. (…) Nonostante le difficoltà delle comunicazioni, Cencetti il 5 giugno da Bologna raggiunse il Ministero dell’Interno a Brescia; il 6 era a Verona ove si incontrò con Weigle, il 7 a Venezia, il 9 a Fiume. Qui ebbe la fortuna di trovare una motobarca di Cherso che rientrava nell'isola, con la quale all'alba dell'11 giugno poté finalmente raggiungere i documenti. Come scrisse lo stesso Cencetti, il trasporto via mare da Cherso a Venezia era “difficile e sconsigliabile” e la ferrovia Pola-Trieste era interrotta. Non rimaneva quindi che il trasporto via mare da Cherso a Fiume e poi con la ferrovia ancora funzionante a Venezia. Per il tragitto marittimo Cherso-Fiume venne requisita la stessa motobarca che aveva effettuato il percorso Fiume-Cherso. Più difficile fu ottenere, in quel frangente, un vagone ferroviario. Anche queste ultime difficoltà furono tuttavia superate ed il vagone ferroviario numero 173029, con le 149 casse di documenti, partì da Fiume un mese più tardi, il 14 luglio, e giunse a Venezia, con un viaggio durato sette giorni per coprire una distanza di circa duecento chilometri, il 21 luglio 1944, dieci mesi e tredici giorni dopo la partenza dei documenti da Zara.  A Venezia gli archivi dalmati furono ricoverati nell'Archivio di Stato, che conserva le carte della Serenissima, e qui rimasero sino a quando, per una clausola del “Trattato di pace” - il diktat imposto all’Italia nel 1947 - dovettero essere consegnati alla Jugoslavia. Sembrerebbe quindi che sia stata del tutto inutile l'opera dell'Amministrazione archivistica italiana, di Giorgio Cencetti e di quanti collaborarono con lui, attraverso difficoltà e pericoli che chi ha vissuto quel periodo può ben immaginare. Ma non è così, tutt'altro. Basti ricordare i successivi numerosi e massicci bombardamenti dell'aviazione angloamericana su Zara, praticamente priva di obiettivi militari, chiesti dai partigiani jugoslavi per distruggere l'impronta italiana della città, e le distruzioni di libri ed archivi italiani rimasti a Zara, incendiati sulle pubbliche piazze dagli jugoslavi subito dopo l'ingresso dei partigiani nella città, nella quale il tricolore italiano fu ammainato per l'ultima volta il 31 ottobre 1944. La consegna degli archivi dalmati alla Jugoslavia avvenne, alcuni anni dopo la fine della guerra, con elenchi, inventari, verbali di consegna, ad opera di una Commissione bilaterale di cui fece parte anche Giorgio Cencetti. L'esistenza di quegli archivi fu sanzionata ufficialmente da rapporti internazionali, si che la distruzione di essi da parte jugoslava fu resa impossibile. Da una guida degli archivi della Croazia, pubblicata nel 1984, risulta l’esistenza del materiale documentario già trasferito a Venezia, con una consistenza simile a quella prebellica”[6].

 


[1] La scrittura minuscola in uso per circa cinque secoli nell’Italia meridionale che va sotto il nome di “beneventana” – di cui l’abbazia di Montecassino è uno dei maggiori centri di diffusione – si sviluppa a partire dall’VIII sec., fiorisce e si afferma tra il X e l’XI sec. e cade in disuso verso la fine del XIII. Benché l’area di sviluppo sia circoscritta all’antico ducato di Benevento, l’uso della littera beneventana si riscontra nel territorio dell’Italia del Sud e, sull’altra sponda dell’Adriatico, in Dalmazia, nel circuito dei centri benedettini. Prima di essere soppiantata dalla ordinaria minuscola carolina, la scrittura beneventana è usata nei centri monastici da Montecassino a Cava, da Capua a Benevento, e poi a Napoli, Salerno, Bari e non solo. 
http://bm.bncrm.beniculturali.it/biblioteche/badia-montecassino/scrittura-beneventana-montecassino/

[2] https://www.cisam.org/giorgio-cencetti-biografia/

[3] id

[4] “Articolo 12 - L'Italia restituirà alla Jugoslavia tutti gli oggetti di carattere artistico, storico, scientifico, educativo o religioso (compresi tutti gli atti, manoscritti, documenti e materiale bibliografico) come pure gli archivi amministrativi (pratiche, registri, piani e documenti di qualunque specie) che, per effetto dell'occupazione italiana, vennero rimossi fra il 4 novembre 1918 ed il 2 marzo 1924 dai territori ceduti alla Jugoslavia in base ai trattati firmati a Rapallo il 12 novembre 1920 ed a Roma il 27 gennaio 1924. L'Italia restituirà pure tutti gli oggetti appartenenti ai detti territori e facenti parte delle categorie di cui sopra, rimossi dalla Missione italiana di armistizio che sedette a Vienna dopo la prima guerra mondiale”.

[5] Serena Dainotto, La biblioteca di Giorgio Cencetti nell’Archivio di Stato di Roma. Accademie &Biblioteche d’Italia, gennaio-dicembre 2020, Gangemi Editore International, pp 46-64.

[6] Lodolini, Elio (1987) Gli archivi della Dalmazia durante la seconda guerra mondiale e l'opera di Giorgio Cencetti. Rivista dalmatica, 58/8. pp. 239-366