Il ridisegno della città: le trasformazioni della struttura urbana dopo l’Unità d’Italia 6
a cura di Eleonora Vicario
Napoli, come tutto il Sud, non ha avuto solo "furti" dall'unificazione d'Italia, come si afferma polemicamente, e questo lavoro di Daniela De Crescenzo ce lo dimostra.
2.3.3 Il Parco Margherita e la strada del liberty
Sin dal 1886 una società privata veneto-napoletana chiedeva la concessione di costruire una strada che, collegandosi al quartiere occidentale a Chiaia e sviluppandosi in rampe avrebbe collegato la piazza Amedeo al corso Vittorio Emanuele. “Le zone laterali – si legge nel capitolato discusso nel Consiglio comunale – verranno adibite alla costruzione di villini circondati da giardini nella parte più alta, e nell’altra parte potranno pure adibirsi all’edificazione di caseggiati…Questi palazzi avranno non più di cinque piani…in modo però da non eccedere l’altezza del parapetto del corso Vittorio Emanuele”. Siamo evidentemente in presenza di un’operazione prettamente commerciale che evidenzia la volontà di realizzare una zona a carattere esclusivamente residenziale e la cui attuazione, nel primo ventennio del Novecento, coincide con il diffondersi anche a Napoli della tendenza Art Nouveau, che in Italia fu chiamata floreale. Le opere di questa corrente furono espressione di una serie di fattori prima socio-economici e poi urbanistici. Relativamente ai primi, la concomitanza di una forte spinta verso l’industrializzazione del napoletano e la crisi del mercato edilizio verificatasi al passaggio del secolo portò gli imprenditori a realizzare una nuova tipologia edilizia, signorile-borghese, o meglio, portò la classe agiata a costruire per fini scarsamente speculativi. Passando agli aspetti più propriamente architettonici ed urbanistici del periodo, l’edilizia floreale s’innesta al mancato compimento delle opere previste dal Risanamento e conforma parzialmente o totalmente i nuovi quartieri d’espansione.
Sin dal 1886 una società privata veneto-napoletana chiedeva la concessione di costruire una strada che, collegandosi al quartiere occidentale a Chiaia e sviluppandosi in rampe avrebbe collegato la piazza Amedeo al corso Vittorio Emanuele. “Le zone laterali – si legge nel capitolato discusso nel Consiglio comunale – verranno adibite alla costruzione di villini circondati da giardini nella parte più alta, e nell’altra parte potranno pure adibirsi all’edificazione di caseggiati…Questi palazzi avranno non più di cinque piani…in modo però da non eccedere l’altezza del parapetto del corso Vittorio Emanuele”. Siamo evidentemente in presenza di un’operazione prettamente commerciale che evidenzia la volontà di realizzare una zona a carattere esclusivamente residenziale e la cui attuazione, nel primo ventennio del Novecento, coincide con il diffondersi anche a Napoli della tendenza Art Nouveau, che in Italia fu chiamata floreale. Le opere di questa corrente furono espressione di una serie di fattori prima socio-economici e poi urbanistici. Relativamente ai primi, la concomitanza di una forte spinta verso l’industrializzazione del napoletano e la crisi del mercato edilizio verificatasi al passaggio del secolo portò gli imprenditori a realizzare una nuova tipologia edilizia, signorile-borghese, o meglio, portò la classe agiata a costruire per fini scarsamente speculativi. Passando agli aspetti più propriamente architettonici ed urbanistici del periodo, l’edilizia floreale s’innesta al mancato compimento delle opere previste dal Risanamento e conforma parzialmente o totalmente i nuovi quartieri d’espansione.
Parco Margherita
Dopo il parco Margherita si viene a completare l’ottocentesco rione
occidentale a Chiaia con le vie Vittoria Colonna, dei Mille e Filangieri,
dove l’edilizia liberty abbandona la tipologia delle palazzine e delle ville
per conformare nuovamente dei consistenti fabbricati, alcuni dei quali
assai pregevoli, in gran parte progettati dall’architetto piacentino Giulio U.
Arata, autore tra l’altro delle Terme di Agnano, una delle più significative
realizzazioni del tempo.
Nell’espansione occidentale della città va considerata la notevole edificazione della collina di Posillipo. Questa, intanto che le pendici meridionali della collina del Vomero venivano urbanizzandosi lungo la direttrice di via Tasso e di via A. Falcone, subiva un più lento incremento edilizio, dovuto in gran parte alla sua maggiore distanza dal centro cittadino. Gli insediamenti sulla via Posillipo e lungo la sua costa, ottocenteschi e floreali, si limitano ad edifici volumetricamente modesti e comunque tali da non far violenza all’ambiente naturale.
Nell’espansione occidentale della città va considerata la notevole edificazione della collina di Posillipo. Questa, intanto che le pendici meridionali della collina del Vomero venivano urbanizzandosi lungo la direttrice di via Tasso e di via A. Falcone, subiva un più lento incremento edilizio, dovuto in gran parte alla sua maggiore distanza dal centro cittadino. Gli insediamenti sulla via Posillipo e lungo la sua costa, ottocenteschi e floreali, si limitano ad edifici volumetricamente modesti e comunque tali da non far violenza all’ambiente naturale.
dottoranda DANIELA DE CRESCENZO tutor prof. arch. ANTONELLA DI LUGGO
IL DISEGNO DI PROGETTO A NAPOLI DAL 1860 AL 1920 - GLI AUTORI, LE OPERE E LE TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE pg 45-46
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II