La grande musica riapre il sipario sull’Italia - L’Aida diretta da Riccardo Muti all’Arena di Verona

di Giorgio Moscatelli


A centocinquanta anni dalla sua prima rappresentazione nel Teatro Khediviale del Cairo, è tornata di nuovo sulle scene della lirica mondiale l’Aida, un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, basata su un soggetto originale dell’archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo.

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Il capolavoro musicale era stato commissionato da Isma’il Pascià, Chedivè d’Egitto, per celebrare l’apertura del canale di Suez nel 1869. Il Vicerè voleva un’opera che raccontasse la storia dell’Egitto con le musiche scritte dal maestro di Roncole di Busseto, con le scene leggendarie del Paese Nordafricano e con i costumi disegnati su modelli ripresi dai bassorilievi dell’Alto Egitto. Giuseppe Verdi, che in un primo momento aveva rifiutato l’offerta, leggendo dello scenario maestoso si decise ad accettare il contratto; un’altra voce racconta invece che il grande compositore si lasciò definitivamente convincere a lavorare alla nuova opera solo nella primavera del 1870, quando scoprì che un suo ultimo rifiuto avrebbe visto il passaggio di commissioni al rivale Richard Wagner. Verdi accettò quindi il contratto chiedendo come condizione il controllo totale del lavoro creativo e aggiungendo un compenso di 150.000 franchi, una cifra astronomica per quel periodo.

L’opera, la sera della prima, ottenne un enorme successo. Verdi raggiunse un effetto maestoso con la Marcia Trionfale, utilizzando delle lunghe trombe realizzate come quelle storiche dell’Egitto costruite per l’occasione che, con i suoni squillanti e accompagnate dalle forti vibrazioni dei fiati di timbro basso, accompagnavano il ritorno di Radames e dei soldati vincitori. Il tutto dava una forte emozione al pubblico. Ancora oggi, ad ogni rappresentazione dell’Aida la Marcia Trionfale crea una forte suggestione emotiva.

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Due anni dopo, l’8 febbraio 1872, Aida è stata accolta con grande entusiasmo alla Scala di Milano, serata considerata dal grande compositore come la vera prima dell’opera. Giuseppe Verdi ne seguì passo dopo passo la costruzione e la realizzazione. L’Aida calcò in seguito i palcoscenici dei principali teatri dell’opera italiani e stranieri. Il 20 aprile del 1872 andò in scena nel Teatro Regio di Parma, il 30 marzo 1873 al San Carlo di Napoli, nel giugno dello stesso anno alla Fenice di Venezia. In seguito, al Teatro Regio di Torino e al Comunale di Bologna. All’estero debuttò nel 1878 al Teatro Sao Carlos di Lisbona cantata in italiano, al Teatro dell’Opera di Parigi nel 1880 e al Metropolitan di New Jork nel 1886, riscuotendo ovunque un grande successo. Ancora oggi è tra le opere liriche più famose.

L’Aida di Verdi è tornata recentemente in scena, in forma di concerto, il 19 giugno di quest’anno, con replica il 22 giugno, per inaugurare il 98esimo Festival Lirico nell’Arena di Verona. Un avvenimento che ha avuto il significato simbolico di segnare anche la riapertura alla musica lirica e della stessa nostra Nazione alla vita dopo i lunghi mesi della pandemia da Coronavirus. Per sottolineare ancor di più l’importanza dell’evento, sul podio è salito uno dei più grandi direttori d’orchestra mondiali, il Maestro Riccardo Muti.

Riccardo Muti ha esordito nel 1967 a Novara, nel Teatro Coccia quando, a 26 anni, ha vinto il premio per giovani direttori d’orchestra. Dal 1968 al 1980 ha diretto il Maggio Musicale Fiorentino; durante quel periodo ha diretto il “Nabucco” di Verdi, il “Guglielmo Tell” di Rossini e l’“Otello” sempre di Verdi. Nel 1969 era sul podio della prima rappresentazione radiofonica nell’Auditorum della Rai con “I Puritani” di Vincenzo Bellini, con Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Sesto Bruscantini e Bonaldo Giaiotti. Da lì in poi la sua straordinaria bacchetta ha diretto le migliori orchestre italiane e straniere, calcando i podi dei maggiori teatri lirici del mondo.


Dal 1973 al 1982 è stato direttore della Philharmonic Orchestra di Londra e dal 1986 al 2005 Direttore musicale alla Scala di Milano. Nel luglio del 2015 il Maestro Riccardo Muti ha realizzato il suo sogno di dedicarsi ancora di più alla formazione di giovani musicisti con la prima edizione della Riccardo Muti Italian Opera Accademy, per giovani direttori d’orchestra. La lista dei suoi successi è lunga pagine dopo pagine. Nel corso della sua lunga carriera ha ricevuto tre lauree Honoris causa a Pavia, Napoli e Torino e numerosi premi.

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Come Inviato speciale del Tg2 della Rai ho avuto l’onore e l’occasione di conoscere personalmente il Maestro Riccardo Muti. Eravamo negli anni 70, Muti era alla direzione del Maggio Musicale Fiorentino e in quei giorni, nell’ambito della manifestazione, era in programma il Macbeth di Giuseppe Verdi, nel Teatro Goldoni di Firenze, con la sua direzione. Mancava un’ora alla prova generale del concerto, il Maestro ci aspettava nel suo camerino. Al nostro ingresso Riccardo Muti, che era seduto alla sua scrivania, si è alzato venendoci incontro salutandoci con un sorriso e con una nota di cordialità nella voce. Il Direttore ci ha fatto poi accomodare e, dopo averci offerto del caffè, ha risposto alle nostre domande. In quel periodo registravo le immagini e avevo davanti all’obiettivo un uomo con lo sguardo sicuro che raccontava della sua vita, del suo lavoro e dei suoi successi artistici con una normalità e anche con una carica di umiltà che sembrava quasi stonata per una persona di fama come lui. Dopo l’intervista ho chiesto al Maestro Muti di poter registrare la prova generale del concerto all’interno del teatro, sotto il podio. Sapevo che era una richiesta difficile da esaudire ma per fare il mio lavoro ho dovuto usare spesso un po’ di sfrontatezza. Se avessi avuto il permesso sarebbero state delle immagini inedite, forse le prime di un grande direttore d’orchestra come lui. Ricardo Muti mi ha guardato per un attimo senza rispondere, poi il suo sorriso si è allargato sul volto e mi ha accompagnato personalmente nella fossa d’orchestra, il luogo tra il proscenio e la platea. Arrivati sul posto mi ha chiesto dove volessi stare ed io ho spiegato che il punto migliore per riprendere gli strumenti, i musicisti e il Maestro, cioè lui, era in basso d’avanti al podio stesso. Il Direttore mi ha accompagnato, dentro la fossa, mi sono seduto con la mia telecamera come se fosse uno strumento musicale; lui si è avvicinato alle mie orecchie dicendomi con gentilezza: “Non si muova e non faccia il minimo rumore”. Da quella postazione tutta l’orchestra era nel mio raggio d’azione. Come avevo previsto ho registrato immagini eccezionali: Riccardo Muti era a 3 metri da me e ho potuto riprendere tutti i momenti della sua direzione; gli scatti veloci della mano che sosteneva la bacchetta e i movimenti lenti che accompagnavano le note dolci; i gesti della testa e lo sguardo che andavano verso gli strumenti che avrebbero suonato. Ho potuto registrare tutta l’energia che sprigionava dal Maestro mentre dava i comandi che avrebbero diffuso le note degli strumenti.

Come se non bastasse ho registrato tutti i movimenti dell’orchestra, la velocità degli occhi dei musicisti che saltavano dal Maestro agli spartiti in un fantastico balletto ritmato da quei puntini neri che balzavano fuori dal pentagramma. Quelle note, a volte lente, a volte veloci, a volte dolci, a volte dure, si libravano nell’aria sopra la fossa. Ho potuto vedere e registrare la danza ritmata degli archi: dei contrabassi, dei violini, delle viole e dei violoncelli che si muovevano all’unisono; ho potuto sentire e registrare i corni, le trombe e i tromboni, fiati spinti da gote che si gonfiavano e sgonfiavano in armonia con la musica; ho visto e sentito i colpi sordi delle bacchette sulla pelle dei tamburi e delle grancasse. Il tutto alla cadenza che il Maestro imprimeva alle donne e agli uomini di una orchestra formata da 90 elementi.

Quella del Maggio Musicale Fiorentino è stata una esperienza esaltante, elettrizzante, per alcuni momenti mi sono sentito parte di una orchestra diretta da Riccardo Muti. Il grande direttore che, dal suo podio, con la sua energia e il suo vigore, era uno spettacolo nello spettacolo.