Lettera di Federico S.

Gent.mo Segretario,

all’atto della mia iscrizione a Italiani Monarchici, con entusiasmo, mi pare doveroso dare una mia presentazione.

Potrei dire di essere un cittadino italiano di mezz’età, con alle spalle studi classici, qualche anno di università e un paio di attività imprenditoriali, tanto deluso e seriamente preoccupato per l’evoluzione ovvero, dico meglio, l’involuzione della gestione amministrativa del Governo e più ampiamente politica di questo nostro Paese che è in balia, al proprio interno, di uomini che non sentono più minimamente quel senso di onore di averne il compito della guida (nobiltà della politica, forse fino agli inizi degli anni ’80 ancora viva), e, all’esterno, della concorrenza di Paesi europei “amici” e della prepotenza di organi sovranazionali “comuni” che, tutti insieme, hanno tradito l’idea originaria di comunità e poi di unione. E vorrei scandalizzarmi con Voi dell’arroganza e delle pericolose e vacue derive velleitarie dell’attuale Governo nella gestione dell’emergenza Covid-19, ma capisco che sarebbe un discorso troppo lungo.

Potrei dire di essere insoddisfatto di questa Repubblica, nata in modo scandaloso con l’aiuto di brogli (quel “difficile parto pilotato”), dei quali pare ci fosse traccia nei documenti, trafugati da mani sapienti, che il Gen. C.A. Dalla Chiesa conservava in cassaforte al momento della morte, e condotta in varie e molteplici occasioni in modo ancora più scandaloso con imbrogli, complotti e depistaggi, tra i quali, essendo io siciliano, mi preme ricordare quelli inerenti la (devo ancora dire presunta?) trattativa Stato-mafia, nella quale si inseriscono gli assassinii dei Giudici Falcone e Borsellino e addirittura quello precedente dello stesso Gen. Dalla Chiesa.

Invece preferisco dire che ho 57 anni, sono entusiasta della vita, amante del Mare, della Vela, delle auto d’epoca, appassionato di Storia della nostra Patria (specialmente dal 10 luglio 1943 – giorno dello sbarco degli Alleati - in poi) e, oggi più che mai, sensibile ai Valori morali di libertà, equità, giustizia e convinto che questi sono conformi più all’ordinamento monarchico che a quello repubblicano.

Per inquadrare socialmente la mia figura, dico che sono nato nel 1963 in una famiglia borghese di Ragusa: da parte di mio padre vengo da una famiglia di uomini di legge, di sentimenti liberali, in cui il nonno (del 1864, integerrimo uomo tutto d’un pezzo e di poche parole) era sicuramente di fede monarchica, lo zio maggiore (Ragazzo del ’99 e Cavaliere di Vittorio Veneto, antifascista convinto) era di fede repubblicana e mio padre, rimasto orfano da ragazzo e cresciuto sulle orme del fratello maggiore, è stato antifascista e liberale fino all’ultimo, morendo nel 1993; la nonna e gli altri zii (tra cui una zia che, come in molte famiglie di allora, si chiamava Elena in onore della Regina) erano di fede monarchica. Da parte di mamma vengo da una famiglia di proprietari terrieri e poi professionisti che sicuramente hanno mal digerito il referendum del ’46 e la proclamazione della Repubblica (addirittura c’era qualche zio Ferdinando, tra gli zii di mia mamma); la nonna (io, dei dieci nipoti, ero il suo prediletto) e la bisnonna materna, di sangue blu e di sicura fede monarchica, potevano insegnarci con semplicità che “la nascita è un caso e che la vera nobiltà è quella del cuore”. So che il fratello maggiore di mia mamma si tormentava, nei giorni del referendum del ’46, per il fatto che egli, 19enne e studente universitario, non potesse votare, mentre la “criata” di casa (la donna di servizio di famiglia), analfabeta, avesse diritto di voto.

Da bambino, in estate, nella casa di campagna dei nonni materni vedevo appesa al muro la fotografia della Regina Elena (tuttora è lì, mentre non ho mai saputo dove fosse finita quella del Re), che inizialmente io non sapevo neppure chi fosse, ma che, crescendo, sentivo nominare dalla nonna con rispetto e affetto, sempre.

Verso la fine del 1982 (io neppure 20enne), successe che il nostro Re Umberto II, malato, chiedeva di poter rientrare in Italia e che le istituzioni repubblicane sentenziavano, dicendo che la Repubblica era abbastanza forte da non temere il rientro del Re esiliato e delle salme dei Savoia, e però (col modo di fare proprio di queste istituzioni, uguale oggi come allora, ipocrita, interessato a sé stesse, opprimente e insopportabile) non decidevano, rimandando la cosa sine die. Proprio vero che, come diceva Ennio Flaiano, in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco.

Imparai che “è la pietà che l’uomo all’uom più deve”, specie ad una Figura così alta che andavo conoscendo in quei giorni e che per me incarnava l’amore vero per la Patria, sopra tutto e sopra tutti.

Seguivo i telegiornali e leggevo i quotidiani e quando, il 18 marzo 1983, il nostro Re morì lontano dall’Italia, il mio sentimento monarchico, che era già sbocciato, si fortificò ed entrò nel mio cuore. Apprezzavo gli On.li Bozzi e Mammì, anche se essi nulla poterono. Stimavo sempre di più l’Avv. Agnelli, che poi fece giocare la sua Juventus con lutto al braccio!

E infatti da allora conservo gelosamente Il Giornale (col “Saluto al re” di Indro Montanelli), La Stampa e La Sicilia del 19 marzo 1983; e i mensili Storia Illustrata di Mondadori n. 300 di novembre 1982, con l’articolo “Umberto di Savoia sconosciuto” di Osvaldo Pagani e Storia Illustrata n. 305 di aprile 1983 con l’intervista “L’ultimo incontro con Umberto” sempre di Osvaldo Pagani.

Poi cominciai a conoscere la figura di S.A.R. il Duca Amedeo D’Aosta e conservo ancora il settimanale Europeo n. 47 del 23/11/1985 con l’intervista da lui rilasciata “Cari Italiani, vi serve un Re?”.

Ad un certo punto della mia vita decisi che dovevo documentarmi sul mio Re! Allora acquistai il libro di Luciano Regolo “Il Re Signore”, che trovai validissimo e che mi aiutò a trovare le conferme che volevo su Umberto II. Imparai a conoscere l’opinione negativissima che di Lui avevano Mussolini e Hitler e invece positiva che aveva il Suo Falcone Lucifero e che alla fine (ma troppo tardi) ebbero di Lui uomini di spicco come Benedetto Croce, Winston Churchill, Ferruccio Parri, Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi, Myron Taylor (inviato di F.D. Roosevelt al Vaticano), Luigi Barzini jr. e, in seguito, persone come l’Avvocato Agnelli o il Presidente francese Mitterand.

Alla fine di gennaio 2001, alla morte della Regina Maria José sentii che dovevo fare qualcosa: mi documentai velocemente, lessi i quotidiani del 28/01 Il Giornale (non più di Montanelli) e Il Corriere della Sera con l’articolo “Addio, Signora” di Indro Montanelli che scrisse di essere “ancora, ci tengo a dirlo, un monarchico”, aggiungendo che “coloro che vogliono scacciare il nome dei Savoia dalla storia d’Italia sono dei truffatori”.

Il 30/01/2001 mandai un telegramma al Principe Vittorio Emanuele di Savoia (a Vesenaz) col seguente testo: “Esprimo alle Loro Altezze Reali tutte il più profondo cordoglio per così triste momento che inoltre ravviva in me, consapevole ammiratore, l’infinito rimpianto per S.M. il Loro Grande Padre. Federico S.”. In aprile ricevetti il biglietto di ringraziamento, con allegato il ricordo della Regina.

Ho continuato a leggere saggi come: “Umberto II” di Gianni Oliva, “I Savoia” sempre di G. Oliva, “Casa Savoia, diario di una Monarchia” di S.A.R. la Principessa Maria Gabriella di Savoia e Romano Bracalini, “Parla Vittorio Emanuele III” di Paolo Puntoni.

Anni fa decisi che era arrivato il momento di formalizzare il mio sentimento con la presenza in un Circolo monarchico e con la vicinanza di persone con le quali potessi avere un pensiero comune. Stavo per farlo con l’ M.M.I., di cui Segretario è stato un avvocato proprio della mia città, ma qualcosa non mi convinceva e ho preferito l’U.M.I., nella quale sono stato per qualche anno.

Poi il mio animo, sempre curioso di novità e di pensieri agili, che si muovano con semplicità - esattamente come mi insegnava, senza volerlo, con la sua gentilezza coinvolgente e levità disarmante la mia nonna (giovanissima anche a 90 anni) - mi ha portato a documentarmi ancora ed ecco che, pur con qualche difficoltà, ma ben consigliato da un amico indiscusso, sono approdato a Italiani Monarchici...dove, conoscendo la gentilezza e la disponibilità di Eleonora e Pietro, ho trovato ormeggio sicuro.

Ora, e stavolta insieme, sono pronto a riprendere la navigazione…ma questa sarà storia da scrivere con Voi, amici carissimi.

Marina di Ragusa, 5 giugno 2020

Federico S.