Nascita e formazione del Principe Umberto
di Michele D'Ambrosio
Umberto II di Savoia nacque presso il castello di Racconigi il 15 settembre 1904, la scelta di far nascere l’erede al Trono in Piemonte sarebbe da attribuire tutta al padre, il quale volle che il figlio nascesse, da buon Savoia, piemontese[1]. Umberto, terzogenito di Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, diede, con la sua nascita, certezza alla successione al Trono.
L’Italia intera accolse con grande entusiasmo quella notizia, cento e uno salve di artiglieria vennero sparate per annunciare la nascita dell’erede al Trono[2], unica eccezione la fecero i socialisti che a Milano ammainarono la Bandiera issata sul Duomo in onore della Famiglia Reale[3] e costrinsero a fare altrettanto al sindaco con quella del Palazzo Comunale[4]. Nonostante il grande giubilo all’interno della Famiglia Reale e della Nazione, la notizia passò quasi in sordina tra gli organi di stampa a causa di uno sciopero generale che vide quei giorni protagonisti. L’unico giornale a dare la notizia del lieto evento la mattina successiva fu Il Corriere della Sera[5]. Alla nascita, con R.D. firmato il 29 settembre 1904, Umberto venne nominato Principe di Piemonte dal Padre[6]. La sera del 16 settembre, venne battezzato dal Cappellano di Corte, monsignor Biagio Balladore, col nome di Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria, la cerimonia avvenne nella cappella di Racconigi[7]. Una seconda cerimonia verrà ripetuta, previo consenso della Santa Sede, presso il Palazzo del Quirinale nel dicembre dello stesso anno[8]. Umberto trascorse i primi anni di vita presso il castello di Racconigi dove ricevette un’educazione ferrea, come da tradizione sabauda, alternata all’amore incondizionato della Regina Elena[9]. La madre, al contrario del padre, si dimostrò con Umberto sempre molto affettuosa, questo sarà determinante nello sviluppo della personalità del Principe, diviso tra il militarismo e la disciplina austera del padre e l’affetto materno[10]. Umberto ricorderà come, su indicazioni del padre, in inverno, nella camera da letto, fosse concesso accendere il camino soltanto al momento del risveglio[11], questo doveva servire, secondo il Sovrano, a temprare il carattere ed il fisico del futuro Re.
L’infanzia del Principe ereditario sarà caratterizzata dalla solitudine, non era concesso, infatti, ad Umberto fare amicizie con i suoi coetanei, le uniche compagne di gioco di Umberto saranno, per lungo tempo, le sole sorelle. I pochi momenti di svago erano limitati ad attività solitarie come la pesca, amata dalla madre, la musica, l’arte e le passeggiate nei giardini delle residenze reali. La sua educazione, presso Racconigi, venne affidata ad un’istitutrice inglese, la signorina Brompton[12].
Le occasioni di incontrare dei coetanei erano puramente formali; tali incontri avvenivano raramente ed in occasione di visite a membri dell’aristocrazia insieme ai suoi genitori[13]. Le rare volte che il Principe appariva in pubblico riscuoteva sempre grande successo arrivando ad influenzare anche le mode dell’epoca[14]. Le poche uscite che permisero a Umberto di intraprendere i primi contatti con una realtà esterna e diversa dalla Corte erano tutte concepite dal Sovrano come visite ufficiali del Principe di Piemonte; sarà lo stesso Umberto II a raccontare, anni dopo, di una sua gita a Caserta “al tempo della guerra di Tripoli avevo otto anni; mi dissero che mi avrebbero portato a conoscere gli ascari. In realtà andavamo in visita ai feriti, ricoverati alla reggia di Caserta. […] Ricordo che erano visite che mi impressionavano terribilmente, e tra i feriti c’erano gli ascari, tutti neri nelle bende bianche”[15].
Una volta terminata la scuola elementare, nel 1913, il Re d’Italia decise di affidare l’educazione del Principe ereditario all’Ammiraglio Attilio Bonaldi che ne diventerà il precettore ufficiale[16]. Bonaldi aveva tutte le carte in regola, era rigido ed inflessibile, incarnava a pieno la tradizione militare di Casa Savoia da inculcare al giovane Principe. L’educazione imposta dal nuovo precettore era una educazione da caserma con orari rigidi ed inflessibili, insostenibili ore di studio, esercitazioni fisiche e lezioni di comportamento militare volte ad un perfetto autocontrollo, degno di un Savoia. Le confidenze non erano ammesse né tollerate, tantomeno con il Padre al quale si rivolgeva con saluto militare chiamandolo, anche in età adulta, “Sua Maestà il Re”[17].
Umberto si dimostrò subito, seppur senza mai controbattere, insofferente a quella disciplina ferrea che sentiva così lontana ed estranea alla sua persona. Il giovane Principe a quel mondo militare preferiva il mondo dell’arte, della musica, dell’architettura, della moda femminile e tutto quel che il suo precettore considerava dannoso per la sua formazione. Assistendo ad una corrida per la prima volta, in Spagna, il giovane Umberto, alla vista del sangue del torero incornato, si coprì gli occhi e scoppiò in lacrime pregando di essere portato via. Per Bonaldi quella reazione era indegna di un Principe e la visse come una sorta di fallimento personale, tanto da dire “Un Savoia non piange”[18]. Bonaldi cercò di mettere riparo a queste inclinazioni del Principe con una sempre più serrata educazione militare. Questo porterà il futuro Re Umberto a sviluppare un odio ed un rancore tali nei confronti del suo precettore che, seppur continuerà per tutta la vita a tenerci rispettosi rapporti confidenziali, non lo vedrà presente al suo funerale.
Durante il ginnasio, Umberto entrò in contatto con altri professori di grande fama e preparazione che lo formarono secondo i canoni del liceo classico[19]. Umberto si distinguerà per amore e dedizione allo studio ottenendo risultati eccellenti. Come docente di italiano, latino e greco ebbe, a Roma e a San Rossore, la fortuna di avere Adolfo Taddei, il quale lascerà la sua impronta filosofica nel giovane Principe. Tale impronta si svilupperà sempre più negli anni ginnasiali. I rapporti con Taddei, amico della Regina Elena e frequentatore della Real Casa, proseguiranno per lungo tempo in forma epistolare.[20] La convivenza della cultura umanista, dal Principe prediletta, con la carriera e la disciplina militare impostagli non risultò facile, questo porterà S.A.R. a sviluppare una sorta di doppia personalità con la quale sarà costretto a convivere per tutta la vita. Il fine principale della formazione umanistica del futuro Re si può affermare che fosse quello di fornirgli un’adeguata formazione cattolico – liberale, anche alla luce dei cattivi rapporti che ancora persistevano tra Regno d’Italia e Santa Sede e che saranno risolti solo dai Patti Lateranensi del 1929.
Con lo scoppio della Grande Guerra, Vittorio Emanuele III lascerà Roma per recarsi sulle zone del fronte, nominando il 25 maggio 1915 Luogotenente Generale del Regno S.A.R. il Duca Tommaso di Savoia – Genova, Umberto rimarrà l’unico simbolo pubblico della continuità dinastica nella Capitale[21]. Il Principe, il 6 giugno 1915, per la prima volta si troverà a dover affrontare una folla acclamante. Sotto al Palazzo del Quirinale, infatti, si era radunata una gran folla che, piena di entusiasmo patriottico, invocava a gran voce la persona del Principe Ereditario. Inizialmente S.A.R. non venne reso visibile, ma, ad un certo punto, la Regina Elena, la Regina Madre e le sorelle di Umberto, tutte affacciate al balcone, si fecero da parte lasciando la scena all’erede al Trono. Con un gesto della mano la folla, in acclamazione, ammutolì lasciando al Principe la possibilità di parlare. Il Principe, di soli 11 anni, si limitò a dire “Viva l’Italia! Viva la Marina! Viva l’Esercito!”, queste poche parole bastarono per rimandare la piazza in delirio[22].
Una volta concluso il ciclo di studi ginnasiali, nel 1918[23], Umberto proseguì gli studi in chiave sempre più militare. Venne da subito iscritto al Collegio Militare di Roma[24], fu questa per Umberto la prima occasione per confrontarsi con i suoi coetanei in un ambiente esterno alla Corte. Come riferirà lo stesso Re Umberto durante il suo esilio, però, egli si recava al collegio solo per le lezioni scientifiche e sempre sotto l’alto controllo e l’alta disciplina impostagli dal severo precettore Bonaldi, per il resto studiava a casa sotto l’ala dei precettori[25]. L’esperienza liceale si concluse per il Principe ereditario nel 1921 con un esame di maturità la cui commissione era presieduta dal Generale Pietro Badoglio. Il 21 ottobre del 1922, ritenendo concluso il ciclo di studi, Re Vittorio Emanuele III conferì al Principe Umberto il Collare della Santissima Annunziata[26].
Dalla tesi di Michele D'Ambrosio "Umberto II di Savoia, un Re rimasto uomo", Università degli Studi Guglielmo Marconi, Facoltà di Lettere, Corso di Laurea in lettere Moderne, Tesi di Laurea in Storia contemporanea, Relatore Prof. Andrea Ungari
[1] Lucio Lami, op. cit., p.27.
[2] Cristina Siccari, Umberto II di Savoia Re d’Italia, 2015, consultazione in data 8 gennaio 2022, http://www.santiebeati.it/dettaglio/95296
[3] Lucio Lami, op. cit., p.27.
[4] Luciano Regolo, op. cit., p. 16.
[5]Luciano Regolo, op. cit., p. 16.
[6] Ivi, p. 603.
[7] Ivi, p. 16.
[8] Lucio Lami, op. cit., p. 28.
[9] Ivi, p. 29.
[10] Ibidem.
[11] Ibidem.
[12] Lucio Lami, op. cit., p. 30.
[13] Ibidem.
[14] Lucio Lami, op. cit., p. 30.
[15] Ivi, p. 32.
[16] Luciano Regolo, op. cit., p. 35.
[17] Lucio Lami, op. cit., p.33.
[18] Ivi, p.35.
[19] Lucio Lami, op. cit., p.36.
[20] Ibidem.
[21] Luciano Regolo, op. cit., p. 47.
[22] Luciano Regolo, op. cit., pp. 47– 48.
[23] Ivi, p. 74.
[24] Lucio Lami, op. cit., p. 34.
[25] Ibidem.
[26] Ivi, p.48.