Un ricordo di un grande: Totò

di Gianluigi Chiaserotti

Nel corso dei diversi anniversari che si susseguono normalmente in un anno, in questo mese di aprile, ne voglio ricordare uno originale, ma anche particolare: quello del grandissimo attore napoletano, Antonio de Curtis, in arte Totò.

Infatti, cinquantacinque anni or sono, il 15 aprile 1967, nella sua casa romana di Via de Monti Parioli n. 4, moriva Antonio Griffo Focas Flavio Comneno Porfiriogenito Gagliardi de Curtis, di Bisanzio, Altezza Imperiale e Conte Palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponte, di Macedonia, di Dardania, del Peloponneso, Conte di Cipro e di Epiro, Conte e Duca di Drivasto e di Durazzo, in arte semplicemente Totò.

“Principe della Risata”, ma anche Principe de facto, il quale, anche se titolato, fu rifiutato nell’Ordine di Malta perché attore.

Nato come Antonio Vincenzo Stefano Clemente da Anna Clemente e da Giuseppe de Curtis, fu adottato nel 1933 dal Marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri.

Maschera nel solco della tradizione della commedia dell'arte
[magistrali furono le scene in cui interpretava la marionetta snodata (ripresa anche da Franco Franchi)], accostato a comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin, ma anche ai fratelli Marx ed ad Ettore Petrolini, in quasi cinquant’anni di carriera spaziò dal teatro di rivista ed avanspettacolo (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari), lavorando con molti tra i più noti protagonisti del panorama italiano e raggiungendo, con numerosi suoi film, i record d’incasso.
Tot pazzariello-2jpg

Adoperò una propria unicità interpretativa, che risaltava sia in copioni puramente brillanti sia in parti più impegnate, sulle quali si orientò soprattutto verso l'ultima fase della sua vita, che concluse in condizioni di quasi totale cecità a causa di una grave forma di corioretinite, probabilmente aggravata dalla lunga esposizione ai fari di scena.

Spesso stroncato dalla maggior parte dei critici cinematografici, fu ampiamente rivalutato dopo la morte, tanto da risultare ancor oggi il comico italiano più popolare di sempre.

Franca Faldini, sua compagna, diventata giornalista e scrittrice dopo la morte dell’attore, scrisse nel 1977 il libro “Totò: l'uomo e la maschera”, realizzato insieme a Goffredo Fofi, in cui raccontò sia il profilo artistico sia la vita dell'attore fuori dal set, con l'intento principale di smentire alcune false affermazioni riportate da scrittori e giornalisti riguardo alla sua personalità.

Totò fu un grande attore, un poeta, un paroliere di canzoni.
La sua maschera era considerata tra quella di Arlecchino e Pulcinella. Memorabili sono i suoi numerosissimi films, e, semplicemente, attraverso alcuni momenti di codesti che qui, da appassionato, voglio ricordarlo.
toto1jpg


Memorabile il primo tempo di “47 morto che parla” (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950, da un soggetto di Petrolini), in cui il barone Antonio Peletti, avido ed avaro, nega al Comune un lascito testamentario del padre, con scene di mera avarizia spassosissime.
Poi ricordo i tre films in cui interpretava Don Felice Sciosciammocca, la maschera creata da Eduardo Scarpetta: “Miseria e Nobiltà”, “Un Turco Napoletano” ed il “Medico dei Pazzi” (tutti di Mario Mattoli tra il 1953 ed il 1954), in cui è memorabile una scena con Ugo d'Alessio, nella pensione in cui alloggiavano tutte persone molto particolari, che lui, ignaro, credeva ospiti di uno pseudo manicomio, creato dal nipote con i soldi spillati al ricco zio.

“Sua eccellenza si fermò a mangiare” (di Mario Mattoli, 1961), in cui Totò interpreta un ladro che tutti credono il medico personale del Duce; “Totò Diabolicus” (di Steno, 1962), in cui interpreta ben sei parti; “Totòtruffa ‘62” (di Camillo Mastrocinque, 1961), ex attore di rivista che sfrutta la sua capacità di trasformarsi in svariati personaggi per truffare, ma esclusivamente per far star bene e studiare sua figlia, ignara della vera identità del padre.  

Eppoi “I Tartassati” (di Steno, 1959), commerciante furbo che tenta di corrompere un maresciallo della Tributaria venuto a fare un controllo nel suo negozio; “La banda degli onesti” (di Camillo Mastrocinque, 1956), tre poveri diavoli che si ritrovano per caso a stampare soldi e che non avranno coraggio di spacciare.

Quindi “Totò a colori” (di Steno, 1952), uno dei primi films a colori italiani; “Gli Onorevoli” (di Sergio Corbucci, 1963), ove interpreta un candidato monarchico onesto; “Operazione San Gennaro” (di Dino Risi, 1966); “Arrangiatevi” (di Mauro Bolognini, 1959), ove una famiglia senza casa, ignorava di aver preso in locazione una ex casa di tolleranza, appena chiusa in base alla “Legge Merlin” del ‘58; “Il Coraggio” (di Domenico Paolella, 1955), uomo dotato di un’intelligenza superiore che riesce a salvare dal fallimento dell’azienda i cav. Paoloni (Gino Cervi) che, a sua volta, lo aveva salvato da un tentativo di suicidio nel Tevere; “Totò, Peppino e la malafemmina” (di Camillo Mastrocinque, 1956) (con la magistrale scena della lettera che Totò detta a Peppino de Filippo), e “Totò Fabrizi ed i giovani d'oggi” (di Mario Mattoli, 1960).
Lo sketch televisivo del “vagone letto” con Mario Castellani.
Ma Totò fu anche un attore non solo comico, ma anche “impegnato”. Non possiamo non dimenticare, nell’anno centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, la sua interpretazione in “Uccellacci e uccellini” (1966) con Ninetto Davoli.

Per l’interpretazione di questo film, il Nostro fu insignito con una menzione speciale al Festival di Cannes del 1966.
Il film ottenne anche Nastro d’argento al migliore attore protagonista (appunto Totò) e uno al migliore soggetto originale scritto dallo stesso Pasolini.
Totò ricevette anche il Globo d'oro al miglior attore.

Il film è stato inserito nella lista dei cento films nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”.
Quindi Totò fu un attore unico, irripetibile, appassionato della sua arte.
GrazieTotò che continui a farci ridere e rilassare anche a 55 anni dalla Tua scomparsa e sicuramente oltre.