Con l’organizzazione dell’European Youth Network, il primo ottobre 2025 u.s. , gli studenti della LUISS di Viale Romania, a Roma, hanno avuto un incontro esclusivo con S.A.R. il Principe Aimone di Savoia, Capo della Real Casa, per condividere la Sua esperienza “tra diplomazia, il percorso Pirelli e i confronti con la sua famiglia, offrendo una riflessione unica sul rapporto tra tradizione e futuro”, in dialogo con il Prof. Andrea Ungari, docente di Teoria E Storia Dei Movimenti E Dei Partiti Politici alla LUISS e Ordinario di Storia Contemporanea e Storia delle Relazioni Internazionali all’Università Guglielmo Marconi.
Tra il pubblico attento, erano presenti moltissimi giovani universitari, personalità della cultura, il giornalista Adriano Monti Buzzetti Colella, lo scrittore Antonio Parisi e, per la Consulta dei Senatori, Paolo Albi, Maurizio Bettoja, Salvatore Sfrecola ed Eleonora Vicario.
S.A.R. il Principe Aimone di Savoia ha raccontato il Suo percorso professionale, dalle prime esperienze fino alla scelta di trasferirsi in Russia e all’ingresso nel Gruppo Pirelli, nel quale ha raggiunto ruoli di sempre maggiore prestigio.
Ha poi parlato del suo incarico di Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM) presso il Governo di Mosca:
“Mi ha onorato ancora di più il fatto che, come sapete, solitamente ci sono delle convenzioni internazionali che proibiscono all'Ambasciatore di lavorare nel paese di destinazione, mentre, il Ministero degli Affari Esteri Russo, in virtù dello Statuto particolare dell'Ordine, ma anche del mio percorso personale in Russia, mi ha consentito di svolgere il ruolo di rappresentante con il rango di Ambasciatore. Purtroppo, poi, ho avuto sfortuna perché, alla fine del 2019 e nel 2020 si diffonde il covid. Nel 2022 non vi devo dire cosa succede, ma di fatto è iniziata la guerra, per cui le attività di tutti gli Ambasciatori sono state limitatissime. È stato un grosso onore, ho svolto pochi mesi di attività intensa e molti di attività diciamo sommersa, ma che comunque continuo a portare avanti con grande piacere”.
S. A. R. ha poi ricordato quanto i legami di parentela tra le Case regnanti europee avessero permesso in passato di mantenere stretti rapporti internazionali a beneficio dello sviluppo industriale e, naturalmente, di alleanze politiche.
Riguardo al rapporto tra la religione e i russi ha detto:
“I religiosi, cioè quelli che andavano in chiesa, erano pochissimi: se lei andava nei primi anni ‘90 in una chiesa ortodossa non trovava nessuno, solo delle vecchie Babushke, come si chiamano in Russia, con un fazzoletto… che urlavano se uno si comportava male e basta. I russi invece, ed è una cosa positiva, hanno riscoperto dopo… quanti sono stati, 70 anni di Unione Sovietica? Hanno riscoperto un approccio alla religiosità, che diventa molto vasto. È ovvio che c'è sempre stata una commistione, sia nei tempi dell'Unione Sovietica in cui c'era una parte della Chiesa ortodossa con lo Stato sovietico e poi di una parte della Chiesa con lo Stato russo; questo purtroppo è fisiologico; però bisogna dire che per tradizione c'è sempre stato un legame perché anche ai tempi dello Zar, di fatto, riportavano allo Zar. Nella Chiesa ortodossa, per fortuna, se uno va nella provincia trova il vero prete ortodosso che è convinto e non è politicizzato. A Mosca probabilmente lo sono un po’ di più. Detto questo c'è molta qualità e c’è molta fede anche lì per fortuna, per cui l’insieme è positivo”.
Antonio Parisi domanda: La Sua famiglia ha radici cattoliche ma anche ortodosse, proprio il ramo Aosta o sbaglio?
“Mia nonna era greca, a quell'epoca ortodossa; si convertì per sposare mio nonno, però prima di lei erano tutti ortodossi, anche russi in parte, per cui sì, le tradizioni sono quelle”.
Anche Lei, quando ha sposato la Principessa Olga di Grecia?
“Mi è stato concesso di sposarmi in una chiesa ortodossa a Patmos, bellissima, consiglio a tutti di andarci. Patmos è dove San Giovanni ha scritto l'Apocalisse quindi è un posto estremamente forte dal punto di vista spirituale e lo si sente ancora. C’è un bellissimo monastero, c’è la grotta dove si dice vivesse San Giovanni, quindi sposarmi lì è stata proprio una bellissima cosa, con il rito ortodosso che è bellissimo”.
Si è parlato inoltre dello Statuto Albertino che Re Vittorio Emanuele II aveva deciso di mantenere in vigore, a differenza di altri sovrani italiani che revocarono le costituzioni concesse nel 1848, nonostante le pressioni di Francesco Giuseppe che, tramite Radetzky, chiedeva di abolirlo.
Di seguito S.A.R. ha analizzato i legami della storia nazionale con la Sua Famiglia, parlando del ruolo futuro che dovrebbe avere:
“Il ruolo mio, dei miei figli e di tutta la nostra Famiglia è quello di mantenere viva la memoria storica che è fondamentale. Il mio sogno è quello di vedere l'Italia in continuità e che sia percepita così dai testi che leggete a scuola. Chiaramente uno storico ci arriva semplicemente a vedere la continuità del Regno d'Italia con la Repubblica che viviamo adesso. Ma non sempre questo succede. Spesso si afferma che l'Italia è democratica dal 1946. Non è propriamente così. C’è stato il momento del Fascismo, complicato, e tutto il resto, ma come accennava prima il Professore, lo Statuto Albertino, 1848, che poi è diventato la Costituzione d’Italia durante il Regno, era avanzatissimo per l’epoca, era estremamente liberale; ovvio, era stato concesso e non creato da una assemblea costituente, ma questo poco leva; era veramente all'avanguardia dei tempi e il Piemonte, e poi il primo Regno d'Italia, era estremamente liberale. È proprio la flessibilità dello Statuto che poi consente al Governo durante il periodo fascista di appropriarsi di una parte dello Stato in maniera impropria. Però quello che mi piacerebbe vedere affermare è la continuità fra i re e i presidenti. In fondo, al Quirinale, non so se ci siate mai passati, è molto bello: ci sono tre targhe, prima i papi che ci sono vissuti, poi i re e poi finalmente i presidenti. Ecco, se questa percezione arrivasse a tutto il Paese, soprattutto nei libri di storia, mi sentirei già gratificato per il ruolo. Per tornare invece a cosa possiamo fare, a mio parere - ed è quello che cerco di insegnare ai miei figli - è di mantenere la memoria storica, di studiarla prima di tutto, di avere quella passione e di portare avanti il ricordo. Lascio ai miei figli, perché io mi occupo di altre cose, un altro dei sogni che ho: rendere la storia della mia Famiglia anche prima dell’Unità d'Italia, perché noi insistiamo su un particolare pezzo d'Italia dalla Valle di Susa e Torino dall'anno 1000 e da un po’ prima in Savoia per cui sarebbe bello creare qualcosa di interattivo che può insegnare ai giovani come studiarla e come vederla. È un progetto al quale, quando arriverò alla pensione, mi dedicherò con piacere."
Adriano Monti Buzzetti Colella domanda:
Volevo fare una domanda direttamente dalla prima linea del mio mestiere che è la comunicazione e l'informazione. Parto da un dato fattuale: posso portare la testimonianza degli infiniti “pezzi” realizzati da me medesimo e delle infinite riunioni di redazione del mio telegiornale, o almeno quello che è stato il mio telegiornale fino a due settimane fa, il Tg2, dedicati alla monarchia non però alla Monarchia Savoia bensì alla Monarchia inglese, a testimonianza del fatto che c'è un portato simbolico di cui il nostro paese si sente orfano al punto di andare in qualche modo a cercare di tirare dentro una simbologia. Non parlo solo degli scandaletti e delle crisi matrimoniali di Harry e Meghan o di altra paccottiglia diciamo “gossippara” ma, non so, delle cerimonie, delle liturgie, dell'aspetto protocollare che magari potrebbe non essere così interessante. La domanda è questa: sostanzialmente mi viene da citare un sulfureo, anzi luciferino ministro della propaganda nazista Goebbels che diceva: “Se tu ripeti una bugia una volta, cento, mille, un milione di volte, diventa vera”. Ora – è la mia opinione, quindi mi prendo la responsabilità di quello che dico - io ritengo che Casa Savoia sia stata vittima di una narrazione a senso unico che per motivi ovviamente politico-istituzionali legati al mutato ordine delle cose, dopo il 1946 ha cercato sistematicamente di enfatizzare aspetti anche caricaturali, errori, omissioni e quant’altro. Tutto questo ha creato un vuoto storico, un vuoto nella narrazione del Paese. Noi viviamo nell’epoca della comunicazione, anche digitale. Pensiamo a quante false verità si propagano su Wikipedia dove ci sono, non so, siti croati che dicono che Marco Polo era croato o che Colombo era spagnolo o portoghese, insomma tentativi di riscrittura della storia. Penso per esempio a tutta la variegata fenomenologia neoborbonica, al ricreare una pseudo realtà secondo cui si stava addirittura meglio prima dell'Unità d'Italia, in cui era tutta una specie di Eden, in cui scorrevano il latte e il miele e quindi, sostanzialmente, che l'abbiamo fatta a fare questa Unità d'Italia? Si stava benissimo, paese modello di democrazia, ma la storia dimostra che non era affatto così. Ecco, Lei. non so, che cosa ne pensa? Se non ritiene di impegnarsi su questo, può rispondere anche il professor Ungari.
“È proprio quello che dicevo prima: il mio sogno di mettere in continuità è proprio per dire questo. Di Umberto II, non parla nessuno; chi ha una fede monarchica lo conosce, se no i giovani… voi quanto sapete di Umberto II? Poco, chiedo a qualcuno di voi, immagino veramente poco. Eppure è come ci diceva prima il Professore, un Re che ha deciso di rinunciare alla sua Monarchia, alla Monarchia di Casa Savoia per non far spargere sangue. Si cominciava a sparare a Napoli e c'erano già delle agitazioni, disse “Io parto, poi vediamo come fare”. Lui non voleva altro che fare… lo disse: “Se il referendum arriva a 50-50, lo faccio rifare anche se lo vinco”, perché nella Monarchia o il Paese ci crede o non funziona. Era una Persona di una dignità incredibile, Lui non voleva fare altro che arrivare a un passaggio di consegne normale, che poteva avvenire e che avrebbe fatto con grande dignità e invece è stato esiliato; Togliatti ha decretato l'amnistia dopo sei mesi; l'unica persona che ha pagato è stato lui, di fatto. In quel periodo era indubbiamente molto poco responsabile di quello che era successo. Per cui sono totalmente d'accordo con lei. C'è proprio una cesura di continuità all'interno della storia del nostro Paese; ed è sbagliato secondo me. Lo diceva Montanelli: la storia è una catena, se levi un anello non sta in piedi”.
Andrea Ungari:
Se posso aggiungere, il Sovrano aveva già predisposto un nuovo testo costituzionale, aveva già sottolineato che lo Statuto Albertino doveva essere emendato e aggiornato ai tempi, a prescindere dal risultato referendario; anche se la Corona avesse vinto, l'avrebbe cambiato. Di questo c'è la testimonianza e stiamo cercando di ritrovare questo testo costituzionale che probabilmente è depositato in qualche archivio inglese; stiamo cercando di trovarlo insieme a un altro studioso delle istituzioni. C'è un riferimento in alcuni testi proprio a questo documento di cui però non si trova traccia nelle carte né del Ministero italiano né nelle carte dell’Archivio Centrale di Stato o è stato distrutto. Ci sono alcuni passaggi in riferimento a questo testo che viene sottoposto agli inglesi e agli americani prima del referendum. C'è evidentemente un progetto di revisione dello Statuto Albertino al quale Umberto già aveva pensato e questa è la dimostrazione che era una persona di quella flessibilità di cui parlava prima Sua Altezza e che aveva consentito poi al Fascismo di manomettere lo spirito liberale dello Statuto. Umberto voleva ritornare su questo argomento. Quello che si potrebbe fare, lo dico da storico, se si vogliono colmare questi buchi, bisognerebbe rendere pubbliche le testimonianze storiche dei Sovrani d'Italia, perché solamente studiando questi documenti – posso capire che siano riservati perché ci sono molte informazioni anche di carattere personale – però, per chi si occupa di queste cose (e io ormai mi occupo di questo da parecchi anni) è possibile ricostruire la storia del Casato con alcuni passaggi cruciali della vita di questo Paese. Questo, senza avere mai la possibilità di avere il riferimento di un documento archivistico della dinastia, diventa sempre molto problematico.
Nella trascrizione dei testi, si è preferito non alterare lo stile discorsivo degli interventi.

La locandina dell'incontro






