di Carlo Giovanni Sangiorgi Sono i tempi della prima guerra di indipendenza italiana, quelli del coraggio, del sentimento di Unità, dell’appartenenza ad una Nazione, la Nostra, che si accinge a nascere e ad affermarsi nel panorama geopolitico europeo. È il 1848, alla volta di Curtatone e Montanara, la marcia delle migliaia di volontari toscani e napoletani, è accompagnata da un canto popolare in grado di accendere e scaldare i cuori, di originare una grande forza nei pensieri dei tanti giovani uomini che, volontariamente, risposero alla chiamata alle armi contro un nemico, l’austriaco invasore, in difesa della Libertà di un intero popolo. Un inno che nacque, così vuole la tradizione, la sera del 20 marzo 1848, in un caffè di Firenze, il “Castelmur”. La mente che elaborò uno dei maggiori esempi della canzone popolare risorgimentale italiana fu l’avvocato e poeta Carlo Alberto Bosi: allora trentacinquenne, egli si era già cimentato nella poesia di stampo patriottico, senza suscitare però particolare clamore. Tuttavia, la sua opera era destinata a viaggiare nel tempo, ad entrare nell’immaginario collettivo. L’ispirazione, con tutta probabilità, derivò da ciò che l’autore visse e vide in quei frangenti, forse vedendo sfilare i primi battaglioni di soldati in marcia verso la Lombardia e/o uno dei volontari toscani che dava un ultimo saluto alla sua amata. In un primo momento, la canzone venne intitolata “L’addio del volontario che parte per la guerra d’indipendenza”, con l’intento di accentuarne l’enfasi, ma ben presto il successo popolare cambiò il titolo e modificò l’inizio del testo, divenendo semplicemente “L’addio del volontario” o “La partenza del soldato” sino ad arrivare ad “Addio, mia bella, addio”. Il testo del Bosi aveva una forza coinvolgente tale che fu ben accolto nelle fila dei giovani volontari universitari della brigata pisana in marcia verso la Lombardia a cui lo stesso autore si unì con il soprannome goliardico “Cicoria”, datogli dai sui compagni d’arme. L’inno d’amor patrio è il seguente, da leggere e far riecheggiare nella mente in ogni sua parola: Il testo evoca appieno lo spirito risorgimentale entrando nel profondo: racconta dei sogni, delle angosce e le speranze di quei giovani che combatterono strenuamente per ciò che noi oggi possiamo godere come un unico popolo. La consapevolezza di andare incontro ad una morte certa, fronteggiare un esercito ben più potente, non li fece esitare e questa canzone ben testimonia la forza d’animo di quella bella gioventù italiana e del loro senso del dovere, del senso civico che li guidò a difendere e a far nascere una Nazione unita da nord a sud, ricca della sua Storia, di tradizioni e di un territorio unici al mondo. Fu la loro identità che movimentò il Risorgimento italiano, uno dei più bei periodi della nostra Italia. “Addio, mia bella, addio”, si scriveva, entrò con grande merito e successo nella tradizione popolare: l’inno venne cantato nel ricordo dei caduti della battaglia di Curtatone e Montanara che seguì di lì a poco, durante tutto il periodo risorgimentale e della Prima Guerra Mondiale. Attraverso le parole di un noto critico musicale dell’Ottocento, Enrico Panzacchi, sappiamo che il celebre compositore Richard Wagner ne elogiò il testo e la musica, invidiando l’Italia per la forte carica emotiva che esso suscitava in si poche strofe e note. Lo scrittore Antonio Fogazzaro, nel suo romanzo “Piccolo mondo antico”, fece scoppiare in lacrime la protagonista Luisa Rigey ascoltando la canzone. Anche negli anni che seguirono la Grande Guerra, la critica letteraria e musicale tenne bene in considerazione quest’opera. Vengono proposte alcune di queste note: ("Il Decennale”, Valecchi Editore, 1929) (“Canti della Patria (II Edizione)” Ed. Giudici, Clusone BG, 1936) (“I Canti del Risorgimento Italiano” Antica Casa di Musica Ernesto Ferrari, 1937) (“I Canti degli Italiani. I Fascicolo dal 1799 al 1918” Edizioni G. Campi, Foligno,1942) Non vi è alcuna ombra di dubbio che Carlo Alberto Bosi, attraverso la sua espressione poetica patriottica, ci ha lasciato un grande contributo etico, frutto dell’amore non solo umano di una persona che parte per la guerra e che si rivolge ai suoi affetti più cari, in questo caso la propria famiglia, ma verso un grande ideale di unità delle genti, in virtù di un disegno fondato su di una società basata su valori di rispetto, libertà e giustizia che si traduce in un amore sconfinato per una Patria unitaria, senza il quale ogni progetto non può esistere ed essere realizzato. Il “prefetto poeta”, così verrà rinominato quando assumerà incarichi di prestigio presso le prefetture di numerose città nel nuovo Regno d’Italia, testimonia il più bel volto di quella gioventù che, unita nel destino, volle scrivere le prime pagine della Storia italiana. Un sentimento mancante in molti giovani di oggi, spesso lasciati soli e disorientati nell’educazione civica, avvelenati da una società basata sul solo consumismo, privo di valori etici che non dona loro strumenti atti ad affrontare serenamente la vita e costruire uno stabile avvenire per sé stessi e per la collettività. La musica ha il grande potere di suscitare e trasmettere emozioni uniche, è dunque necessario valorizzarla ed illuminare le giovani generazioni mediante la comprensione del passato, il cui studio oggettivo è il punto di partenza fondamentale per costruire un solido e florido futuro. Viva il Risorgimento, viva l’Italia, viva gli Italiani!!! Per chi volesse ascoltare il dolce inno:
Nello scrivere questo modesto contributo alla divulgazione storico-culturale, vorrei dedicare questa canzone a tutti i medici, infermieri, lavoratori di tutti i settori e forze dell’ordine che, in questo periodo di emergenza, affrontano con grande umiltà e professionalità l’enorme pericolo derivante dalla grave pandemia di Coronavirus, mettendo a rischio indiretto anche le loro stesse famiglie, vista la facilità di contagio. Leggendo e ascoltando il testo musicale, ho immaginato una di queste persone che, prima di lasciare la propria casa, guarda un’ultima volta i propri cari, consapevole della possibilità di non poterli riabbracciare. Come i soldati volontari di Curtatone e Montanara, essi sono guidati da un grande senso del dovere e della responsabilità che da ognuno di loro dipende la vita delle persone, accompagnati dalle speranze e dalle angosce insite nella loro natura umana. Con questo voglio ringraziarli uno ad uno, a nome mio e di tutta l’Associazione per la tenacia con cui essi continuano imperterrite a fronteggiare il terribile dramma nazionale. Un abbraccio infinito. Forza e coraggio, uniti nessun vincere ci può!!!